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PROFESSIONI

Champagne, è l’era delle chef de cave che guidano l’innovazione delle grandi maison

Una trasformazione, raccontata da WineNews, maturata nella filiera e fondata sulla competenza di sempre più donne che scelgono gli studi enologici
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Champagne, è l’era delle chef de cave

Per decenni le più grandi maison della Champagne hanno affidato la propria identità enologica a uomini capaci e stimati, che, nel ruolo di chef de cave, erano longevi custodi di tradizioni ed esercitavano un controllo assoluto sull’assemblaggio, sulla visione creativa e sull’evoluzione della gamma. Oggi, senza proclami né scorciatoie, una nuova generazione di donne guida i team enologici da cui dipendono l’interpretazione delle annate e la continuità stilistica delle cuvée d’assemblage, ma anche la loro innovazione. Ma la recente conquista del titolo di chef de cave da parte delle donne della Champagne non è né un’inversione di tendenza strumentale né tantomeno una rivoluzione culturale imposta dall’esterno: è una trasformazione maturata all’interno della filiera, fondata sulla competenza, sull’esperienza e sul sempre maggior numero di ragazze che scelgono gli studi enologici per costruire il loro futuro professionale.
Ed una panoramica di queste storie di successo, raccontate da WineNews, aiuta a comprendere come il mondo del vino stia evolvendo
, e si stia progressivamente allontanando dagli stereotipi imposti da quel latente patriarcato che precludeva alle donne il ruolo di guida delle cantine, soprattutto in Champagne. Julie Cavil, chef de cave di Krug dal gennaio 2020, è entrata nella maison nel 2006 dopo essersi diplomata in enologia a Reims ed essersi formata nel team tecnico di Moët & Chandon. Per 14 anni ha lavorato al fianco di Eric Lebel, partecipando alle degustazioni delle oltre 250 parcelle che ogni anno compongono il mosaico sensoriale da cui nascono gli Champagne della maison. Il passaggio di consegne è avvenuto in modo progressivo, e oggi è lei a portare avanti il sogno del fondatore Joseph Krug, ricreando ogni anno la massima espressione di generosità della Grande Cuvée. Da ottobre 2020, alla guida di Perrier-Jouët c’è Séverine Frerson, la prima donna in ben due secoli a ricoprire il ruolo di chef de cave della maison. Dopo la laurea in enologia a Reims nel 2001 e l’ingresso in Piper-Heidsieck lo stesso anno, ha assunto la direzione tecnica della maison nel 2018, per poi approdare a Perrier-Jouët nel 2020, dove ha affiancato per un anno Hervé Deschamps, storico custode dello stile floreale della maison. La sua firma si distingue per un approccio raffinato e moderno o con dosaggi e assemblaggi più adattati al cambiamento del clima, frutto di una decisa apertura verso pratiche di viticoltura rigenerativa e sostenibile. Talentuosa e determinata è Alice Tétienne, chef de caves di Henriot, nominata nel 2020, a soli trent’anni, dopo un percorso iniziato nel 2014 al Centre Vinicole Nicolas Feuillatte, e consolidato nel 2015 in Krug, dove ha ricoperto il ruolo di responsabile dei vigneti ed è stata membro del comitato di degustazione. Diplomata in enologia all’Université de Reims nel 2015, ha ricevuto nello stesso anno il Prix de l’Innovation, distinguendosi per un approccio analitico applicato alla lettura del terroir. Alice Tétienne è oggi l’unica professionista a ricoprire congiuntamente il doppio ruolo di chef de cave e direttrice del vigneto, e nel 2024 è stata nominata Directrice Générale Adjointe della maison.
Tra le più belle evoluzioni stilistiche ascrivibili ad una donna viste di recente si può annoverare la ventata di freschezza e precisione portata da Nathalie Laplaige alla maison chalonnaise Joseph Perrier. Divenuta chef de cave nel 2017 dopo 11 anni come enologa in Canard-Duchêne, ha portato a Joseph Perrier un’impostazione moderna, orientata alla vinificazione parcellare, con un uso più attento del legno e una significativa riduzione del dosaggio. La sua visione è precisa, coerente con il posizionamento della maison e la nuova visione di Benjamin Fourmon per la maison di famiglia. Il 2022 ha segnato anche l’arrivo di Caroline Latrive alla maison Deutz, dove ha sostituito Michel Davesne che aveva guidato la produzione per oltre 30 anni. Tra loro un rapporto di stima reciproca risalente ai tempi del tirocinio di Caroline nel 1999, che poi aveva preso la sua strada costruendosi una professionalità che l’aveva portata alla nomina come chef de cave della maison Ayala nel 2011, dopo aver ricoperto funzioni enologiche in Bollinger, dove ha valorizzato l’espressione dello Chardonnay firmando cuvée emblematiche come Perle d’Ayala e contribuendo, così, a riportare la maison sotto i riflettori internazionali. Ha lasciato l’incarico nel 2022 per portare nuova energia in Deutz, pur nel solco della coerenza di stile. Più recente, ma già conclusa, l’esperienza di Elise Losfelt, nominata chef de caves di Charles Heidsieck il 1 marzo 2023. Dopo gli studi all’Inra e un incarico di prestigio presso Château Margaux, è entrata nel gruppo Epi nel 2017, seguendo progetti trasversali tra Champagne e Bordeaux. Il passaggio a Charles Heidsieck le ha permesso di raccogliere il testimone lasciato improvvisamente da Cyril Brun che si è trasferito a Trento per seguire Ferrari, ma dopo appena un anno anche lei ha scelto di lasciare la maison per tornare a Château de l’Engarran, la tenuta di famiglia nel Languedoc e il 18 giugno scorso è stata ufficializzata la nomina di Émilien Erard come suo successore.
Accanto a queste figure oggi ben visibili nel panorama delle grandi maison, vi sono nomi che meritano di essere ricordati per il loro ruolo pionieristico. Monique Charpentier è stata la prima donna a ricoprire il ruolo di chef de cave in una grande maison di Champagne: era il 2000, e dopo quasi 20 anni di esperienza nei laboratori di Moët & Chandon, venne chiamata a dirigere la produzione di Mercier. Laureata enologa nel 1984, aveva condotto ricerche sulle malolattiche e sui ceppi di lievito per le fermentazioni, accumulando una competenza tecnica profonda, maturata lontano dai riflettori. Il suo stile, come lei stessa ha raccontato, era improntato alla precisione operativa più che alla visibilità, e la sua nomina fu vissuta all’interno della filiera come il riconoscimento naturale di un percorso professionale completo. Nel 2005, anche Sandrine Logette-Jardin assume la direzione tecnica di Duval-Leroy, dopo essere entrata in azienda nel 1991 come responsabile qualità. La sua visione si distingue per il rigore analitico e la capacità di gestire la complessità della produzione moderna, con una particolare attenzione all’equilibrio tra metodo scientifico e identità stilistica. Supervisiona oggi l’intera filiera tecnica della maison, firmando uno stile coerente, solido e ben identificabile. Infine, Isabelle Tellier ha assunto nel 2001 il duplice ruolo di chef de cave di Champagne De Venoge e del marchio Tsarine (Chanoine Frères), dopo aver quasi dieci anni come enologa in Boizel. Laureata in enologia a Reims nel 1992, ha guidato da allora con continuità i profili stilistici di entrambe le maison, coprendo tutte le fasi della produzione, dalla vendemmia al prodotto finito. Chiude questa mappa un caso singolare: quello di Elisabeth Sarcelet e Carine Bailleul, che condividono il ruolo di chef de cave in Castelnau. Sarcelet è entrata in azienda nel 2002 come direttrice tecnica, mentre Bailleul è arrivata nel 2003. Dopo anni di lavoro a stretto contatto, nel 2021 è stata formalizzata una doppia leadership, inedita nel panorama champenois. In un contesto dove lo stile di una maison è spesso affidato a una sola firma, il loro lavoro a quattro mani rappresenta un modello organizzativo alternativo e perfettamente funzionante.
In Champagne, dunque, le donne oggi non occupano una “quota rosa”, occupano un ruolo che si sono conquistate, con competenza, esperienza e perseveranza.

Chiara Giovoni

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