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COMUNICAZIONE AGROALIMENTARE

Cibo & fake news, gli italiani hanno un grande problema: l’89% non sa riconoscere le “bufale”

“Festival del Giornalismo Alimentare”: a dirlo è “Infosfera”, ricerca dell’Università Suor Orsola Benincasa sull’influenza dei media sui lettori
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Gli italiani non riconoscono le fake news alimentari

“Gli italiani hanno un grandissimo problema con le fake news: il 92% non è in grado di classificare correttamente un website di bufale, l’86% con non sa riconoscere un profilo fake su Twitter, e il 64% non lo sa fare nemmeno di fronte ad una pagina Facebook di bufale. E, soprattutto, l’89% non sa riconoscere una fake news, con il risultato che quando una falsa notizia viene diffusa con i media mainstream è una catastrofe. Così, tra le bufale alimentari più diffuse, solo per il 12% è una fake news che “ricongelare prodotti decongelati fa male”, solo per il 16% “la frutta va mangiata lontano dai pasti” è una falsa notizia, solo per il 27% “la carne rossa fa venire il cancro” e “il caffè fa male” sono una fake news, solo per il 34% lo è “scaldare o cuocere il cibo nel forno a microonde è pericoloso”, solo per il 36% lo sono “più vitamine prendo e meglio sto” e “il cibo senza lattosio è più salutare”, solo per il 38% “sulle ustioni bisogna mettere il burro” è una falsa notizia, solo per il 44% è una bufala “chi ha il diabete più mangiare tanta frutta”, solo per il 45% lo è “se si beve moltissima acqua si perde l’appetito e si dimagrisce”, solo per il 51% è una bufala che “bisogna bere solo quando si ha sete”, solo per il 73% “bere acqua minerale naturale è più sicuro che bere acqua del rubinetto” è una fake news, e solo per il 77% è una falsa notizia che “l’ananas brucia i grassi”. Lo ha detto Eugenio Iorio, professore di Social Media Analysis dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, illustrando al “Festival del Giornalismo Alimentare” (che si chiude oggi a Torino), i risultati di “Infosfera”, ricerca all’edizione n. 3 condotta dall’Unisob Media Lab dell’Ateneo di Napoli con, tra gli altri, l’Associazione italiana per la comunicazione pubblica e istituzionale, che analizza i meccanismi di influenza sui lettori dei media tradizionali e sul web, ed in particolare delle piattaforme del capitalismo digitale, misurando le fake news anche quando si parla di agroalimentare.
“Nella globalità dello spazio informativo - ha detto Iorio - noi che siamo organismi informazionali e ci relazioniamo con quelli artificiali, e sotto il dominio degli algoritmi iniziamo a trasformare la nostra capacità di percepire la realtà. Specialmente nei social media, il cui ruolo è centrale nel raccontare le storie di cui viviamo e ci nutriamo, oggi è in atto una guerra: la disintermediazione che abbiamo vissuto con l’individuo che si costruisce i suoi palinsesti personali ci ha portato a mettere in discussione l’autorevolezza delle fonti che un tempo utilizzavamo per informarci”. Tanto che se le fake news analizzate dalla ricerca sono quelle sulle quali l’Istituto Superiore di Sanità mette in allerta la popolazione italiana attraverso il suo website, il 57% degli italiani è convinto che i social network e gli amici siano le migliori fonti di informazione. Un dato che gioca con la crescita della valenza in termini numero-sociali delle “reti omofiliache”, ovvero quelle degli amici”. Ma a soffrire di tutto questo sono anche la comunicazione pubblica, istituzionale e scientifica, e questo dimostra la mancanza di un’educazione ai media, fin dalla scuola, “un tema mai affrontato pienamente - ha concluso il professore - e che pesa sempre di più”.

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