Dal pochi giorni la cucina italiana è stata stata ufficialmente riconosciuta come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco, eppure c’è chi, da sempre, promuove i suoi valori di pratica culturale che unisce sostenibilità, diversità bioculturale e trasmissione dei saperi: la rete di Cittaslow - associazione che raggruppa paesi e piccole città, nata nel 1999 ad Orvieto grazie all’esperienza di Slowfood - è basata sulla valorizzazione delle materie prime, sul rispetto della stagionalità, sul ruolo centrale della convivialità, sulla tutela delle tradizioni, sul legame stretto con il territorio, sull’apporto indispensabile dei piccoli produttori che danno vita a un prodotto autentico e di qualità. La cucina italiana e le “città del buon vivere” rappresentano dunque un binomio imprescindibile, e le Cittaslow - un marchio di qualità presente in 88 Comuni italiani, connessi alla rete internazionale di 300 città, distribuite in 33 Paesi - permettono di compiere un itinerario gastronomico in Italia tra i produttori e i prodotti dell’intero territorio, da nord a sud.
A partire dal Nord: piccole aziende autentiche, masi e malghe di montagna caratterizzano il Trentino Alto Adige e le Cittaslow Grumes e Salorno, con formaggi tipici, speck e mortandela. In Piemonte il riso è il prodotto protagonista di Casalbeltrame, in particolare il riso nero Venere; Bra è nota per la sua salsiccia tipica, mentre a Usseglio e Chiaverano si possono provare i dolci secchi, dai torcetti ai canestrelli. Levanto in Liguria tiene alta la tradizione di olio, focacce farinate e acciughe, lavorate e conservate sotto sale come vuole la tradizione, ottime su bruschette o per antipasti e per condire primi e secondi piatti.
In Lombardia si distinguono, tra le altre, la bresaola della Valchiavenna, i pizzoccheri della Valtellina a base di pasta di grano saraceno da assaggiare anche a Teglio e Tirano. L’arte della pasticceria si assapora a Castiglione Olona e a Bellano, mentre i panificati artigianali sono la specialità di Travacò Siccomario. E ancora farine macinate a pietra, grani antichi, salumi e soprattutto formaggi come il quartirolo e il gorgonzola si degustano ad Abbiategrasso, Morimondo e Turbigo.
Le Colline del Prosecco in Veneto danno gli ottimi vini che contraddistinguono anche Farra di Soligo, Follina e Asolo, un valore aggiunto della cucina italiana che ben si esprime attraverso la tradizione delle cantine diffuse nel territorio. L’offerta gastronomica dell’Emilia Romagna, ben rappresentata da 12 Cittaslow, è molto ricca e varia. Dal fungo porcino di Borgotaro al formaggio Raviggiolo di Galeata e Santa Sofia, dall’aceto balsamico di Novellara, all’olio extravergine di oliva “Brisighello” che si fregia della Dop europea. È la patria del Parmigiano Reggiano, del caratteristico salame Fiorettino con i lardelli tagliati a mano di Castelnovo ne’ Monti, di Sant’Arcangelo di Romagna e Baiso, del culatello di Zibello, Fontanellato e Pellegrino Parmense, della pasta fatta in casa, dello squacquerone e dei savoiardi di Castel San Pietro Terme
La panoramica culinaria continua verso il centro Italia che vede il gruppo più numeroso di Cittaslow, concentrate in particolare in Toscana. Civitella in Valdichiana e le località limitrofe offrono la famosa carne chianina che viene da una delle razze più antiche e importanti d’Italia, ma anche la Mela Rugginosa della Valdichiana caratterizzata dalla presenza in superficie di una leggera “ruggine” naturale velata al miele della provincia di Arezzo, dove si trovano anche Pratovecchio Stia e Cortona. La Palamita del mare di Toscana è il pesce azzurro che da sempre contraddistingue San Vincenzo, mentre a Suvereto e a Marradi si degustano i prodotti ottenuti dal cinghiale. E poi c’è il tartufo di San Miniato, i tortelli di Massa Marittima, la castagna di Cutigliano di Abetone, Mulazzo e Barga, i crostini neri di Anghiari e il tipico pane toscano di Capalbio, la finocchiona di Castelnuovo Berardenga e di Greve in Chianti.
Acqualagna nelle Marche porta avanti la tradizione del tartufo, presente nelle diverse varietà, tradizione che prosegue anche nella vicina Umbria, in particolare a Norcia. La regione nel cuore d’Italia è nota soprattutto per la produzione di olio extravergine di oliva e di vini pregiati, ad Orvieto come a Monte Castello di Vibio, a Montefalco, a Trevi, ad Amelia e nelle altre Cittaslow, da Todi a Città della Pieve, Preci, Ficulle e Parrano.
Nel Lazio il guanciale è il protagonista dei primi piatti più celebri, dalla carbonara all’amatriciana, alla gricia. E poi ancora la porchetta, il Pecorino Romano, il carciofo romanesco sono i prodotti che si trovano a Castiglione in Teverina e Acquapendente, a Sperlonga, Tolfa e Castel San Pietro Romano. Gli arrosticini sono la specialità dell’Abruzzo, da Città Sant’Angelo a Pianella e Penne, mentre le olive, il carciofo, il peperone rosso e altri ortaggi caratterizzano Guardiagrele, Francavilla al Mare, Giuliano Teatino, Controguerra e Pineto.
Tra le regioni del sud Italia, in Campania si trova la concentrazione maggiore di Cittaslow. Si possono assaggiare il caratteristico limoncello di Amalfi, i fusilli e la soprassata di Gioi, i ceci di Cerreto Sannita, la mozzarella di bufala, la ricotta, il caciocavallo e gli altri prodotti caseari di Stio, Perito, Pollica, Positano. Anche le carni pregiate sono protagoniste succulenti della regione, il Maialino Nero Casertano, capretto e agnello, ad esempio a Caiazzo, Castel Campagnaro e Cesa.
Taralli e orecchiette, bombette e friselle sono le specialità della Puglia, da Cisternino a Gravina, a Trani, mentre la Muschiska è una carne essiccata tipica di Orsara e Sant’Agata. La Calabria è la patria della ’nduja, salume piccante, morbido e spalmabile, fatto con carne di maiale e abbondante peperoncino. Specialità da assaggiare anche a Fiumefreddo Bruzio e Altomonte. Ultima regione della nostra panoramica delle Città del Buon Vivere è la Sicilia: Nicolosi, la “porta dell’Etna", offre prodotti tipici legati al territorio vulcanico, dai funghi al pistacchio ai fichi d’India alle mandorle, mentre Ribera è più legata agli agrumi, in particolare all’arancia di Ribera, oltre che a limoni e mandarini, utilizzati nelle spremute e nei canditi per i dolci.
“La particolare soddisfazione di Cittaslow - spiega il presidente di Cittaslow International, Mauro Migliorini - per il riconoscimento assegnato dall’Unesco alla Cucina italiana deriva dalla condivisione di modelli di vita sostenibili incarnati dai suoi borghi membri. In particolare, nel 2025 abbiamo visto il riconoscimento come “Best Tourism Villages 2025” per le Cittaslow di di Asolo (Treviso) e di Bellano (Lecco), premiati dalle Nazioni Unite (Un Tourism) in Cina. Questo premio celebra le località che coniugano turismo sostenibile, innovazione e tutela dell’ambiente, validando ufficialmente la filosofia del “vivere lento” promossa da Cittaslow. Inoltre molte Cittaslow si trovano all'interno di territori già riconosciuti dall’Unesco, come la Valle d’Itria (Cisternino) oppure i Colli del Prosecco (Follina e Farra di Soligo), e molti altri, in Italia e nel mondo. Non dimentichiamo che Pollica è stata già al centro del riconoscimento nel 2010 della dieta Mediterranea come patrimonio dell’umanità, grazie soprattutto al nostro indimenticato vicepresidente, Angelo Vassallo”.
“Per l’associazione Cittaslow - dichiara il coordinatore di Cittaslow Italia, Luca Della Bitta, sindaco di Chiavenna - la cucina italiana riconosciuta nella sua interezza come patrimonio dell’umanità ribadisce che la direzione “slow”, che abbiamo intrapreso partendo proprio dall’Italia da Greve in Chianti, Orvieto, Positano e Bra nel 1999, è quella giusta: se come Cittaslow siamo stati veri e propri precursori di un’attenzione al cibo e alla sua produzione che sta dietro ai successi della cucina nazionale, questi premi confermano che il modello Cittaslow è lo strumento ideale per gestire e preservare siti di “eccezionale valore universale”. Noi siamo i territori e le comunità dove meglio che altrove si possono mettere a terra le politiche locali dei piccoli comuni e rispondere agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Onu, cari anche all’Unesco”.
Secondo il segretario generale dell’associazione, Pier Giorgio Oliveti, “la cucina è un fatto culturale e benissimo ha fatto l’Unesco a riconoscere quella italiana come patrimonio universale. Due considerazioni al riguardo: la prima è che, se il cibo è cultura al pari della lingua che parliamo o l’arte, cambia nel tempo, non è cristallizzata in un momento storico. La seconda è che questo ci deve responsabilizzare ancora di più come Cittaslow e come italiani a preservare la nostra straordinaria varietà e biodiversità, nella continua evoluzione delle produzioni e gusti contemporanei, con un’attenzione particolare agli aspetti salutistici e a quelli della giustizia sociale. Va da sé che, al pari dell’overtourism, come Cittaslow ci impegniamo anche contro la banalizzazione del gusto italiano, senza elitismi, ma promuovendo politiche locali e azioni per il diritto al cibo sano e locale per tutti”.
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