
Una delle sfide più complicate, ma decisive, che sta affrontando la viticultura è quella relativa al cambiamento climatico. E lo si può vedere anche nell’estate in corso con le temperature altissime che hanno fatto preoccupare alcuni territori, così come le repentine e violente precipitazioni successive alle ondate di calore. Ecco che, per contrastare il “climate change”, il mondo del vino guarda sempre di più all’innovazione con l’obiettivo di ottenere una viticoltura sostenibile e resiliente. Un tema affrontato dal Crea, in occasione del convegno “Gestione delle risorse idriche per una viticoltura sostenibile”, organizzato con il Centro Politiche e Bioeconomia, Università del Sannio, Camera di Commercio Irpinia Sannio e Siea (Società Italiana di Economia Agroalimentare), per “Territori, Cibo e Società: tra sfide globali e complessità”, rassegna di eventi, nei giorni scorsi a Benevento, promossa da Società Italiana di Economia Agraria (Sidea), Siea e Centro Studi di Estimo e di Economia territoriale (Ceset).
Al centro, c’è la considerazione che l’irrigazione della vite sta assumendo un ruolo sempre più cruciale nel contesto dei cambiamenti climatici, anche se, ad oggi, i disciplinari di produzione prevedono solo l’irrigazione di soccorso. Irrigazione che è una realtà anche in Italia, tra i principali produttori di vino al mondo, con la sua biodiversità unica fatta di oltre 500 vitigni autoctoni e che conta su 225.000 ettari di vigneti irrigati, pari al 9,5% delle superfici irrigate totali (2,5 milioni di ettari). Il fabbisogno idrico medio della vite è di circa 4.000 metri al cubo/ha per stagione, variabile in base al sistema colturale e alla varietà, spiega il Crea. Le tecniche irrigue prevalenti sono la microirrigazione a goccia (21,5%), l’aspersione (38%), lo scorrimento superficiale, l’infiltrazione laterale e la sommersione (40,5%).
Una situazione che non è comunque uniforme nel vigneto Italia: In particolare, in Campania - secondo la rielaborazione fatta dal Crea con il suo Centro di Politiche e Bioeconomia dai dati dell’ultimo Censimento Istat 2020 - solo l’1,17% delle superfici vitate è irrigato: un uso selettivo e mirato, in crescita soprattutto in Irpinia e nel Sannio, dove si assiste a un forte incremento delle aziende produttrici di vini di qualità (da 267 nel 2010 a 817 nel 2020). La quasi totalità (99% circa) delle aziende viticole campane dipende ancora dalle precipitazioni naturali.
Per il Crea “in un contesto in cui i disciplinari di produzione vietano l’irrigazione forzata, ma consentono l’irrigazione di soccorso (L. 238/2016, art. 35), si rende sempre più urgente adottare strategie irrigue efficaci per fronteggiare la scarsità idrica, nel rispetto della qualità e dell’ambiente. Le due principali tecniche consentite sono la Soprachioma (aspersione a pioggia) - meno costosa, ma con rischi fitosanitari maggiori - e la Sottochioma (gocciolante e subirrigazione), più efficiente e sostenibile, ma con costi iniziali più elevati. Un’ulteriore frontiera per la viticoltura moderna è rappresentata dal Deficit Idrico Controllato (Rdi): una tecnica che prevede la gestione dello stress idrico moderato per migliorare la qualità dell’uva, ottimizzare l’uso dell’acqua e adattarsi ai cambiamenti climatici”.
Il presidente Crea, Andrea Rocchi, ha evidenziato che “il futuro del vino passa attraverso l’acqua. Proteggerla significa proteggere la nostra identità. In un contesto segnato da cambiamenti climatici sempre più evidenti, la gestione sostenibile delle risorse idriche non è più una scelta, ma una necessità strategica. La viticoltura italiana, con la sua straordinaria biodiversità e il suo valore culturale ed economico, è oggi chiamata ad affrontare una sfida epocale: produrre qualità, tutelare il territorio e ridurre l’impatto ambientale. È nostro compito, come ente di ricerca pubblico, fornire strumenti scientifici, soluzioni tecnologiche e supporto alle imprese agricole per garantire la resilienza e la competitività del comparto vitivinicolo”.
Negli ultimi anni le regioni vitivinicole del Mediterraneo stanno affrontando una profonda trasformazione dovuta ai cambiamenti climatici: siccità sempre più frequenti, ondate di calore estremo e scarsità idrica minacciano la resilienza dei territori, la produttività delle vigne e l’intera filiera del vino. Particolarmente colpito il bacino del Mediterraneo, considerato un vero e proprio hot spot climatico, dove, fa notare il Crea, si osservano già effetti evidenti sulla fisiologia della vite, sulla qualità delle uve e sulla sostenibilità delle pratiche agricole tradizionali.
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