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TERRITORIO

Consumo di suolo: persi 20 ettari al giorno in Italia. I dati del Rapporto Ispra 2024

Focus Ismea sul fotovoltaico, che copre quasi 400 ettari. Slow Food: “stop alla speculazione, serve un censimento nazionale degli spazi inutilizzati”
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Consumo di suolo: persi 20 ettari al giorno in Italia

“Tra abbandoni, cementificazioni e cambi di destinazione sono stati persi altri 4.000 ettari di suolo agricolo nel 2023. Un fenomeno dovuto anche all’installazione di impianti fotovoltaici a terra che ha coinvolto poco meno di 400 ettari, il 9,5% del suolo agricolo consumato nell’anno, seppure con una diversa intensità territoriale. A livello di macro-ripartizioni geografiche, si ha una maggiore incidenza dei suoli agricoli convertiti a fotovoltaico al Nord, con il 46,5% dei circa 400 ettari, contro il 40% di Sud e Isole e il 13,5% del Centro Italia. Complessivamente, la copertura di suolo nazionale con pannelli fotovoltaici ha cumulato negli anni un’estensione di circa 18.000 ettari, tra suoli agricoli ed extra-agricoli, non trattandosi quindi di aree marginali”: è l’allarme lanciato da Ismea, che ha firmato un focus per l’edizione 2024 del Rapporto Ispra “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, presentato ieri a Roma, e stando al quale, ancora oggi, ci sono “20 ettari al giorno persi, al ritmo di 2,3 metri quadrati ogni secondo: nel giro di 12 mesi appena, in Italia, le nuove coperture artificiali si sono “mangiate” altri 72,5 chilometri quadrati di suolo”.
Un tema annoso, con Slow Food Italia che ora chiede un censimento nazionale degli spazi oggi non sfruttati e una legge per salvare il suolo agricolo, per mettere fine alla speculazione sul suolo, proponendo, tra le altre cose, di “iniziare a recuperare i capannoni in disuso e installare il fotovoltaico su aree dismesse, infrastrutture e parcheggi. “Il consumo di suolo avanza - dice la Chiocciola, commentando i dati Ispra - anche se non ve ne sarebbe affatto bisogno, visto che la popolazione che vive in Italia continua a diminuire”. Il Rapporto, sottolinea Slow Food, evidenzia dati interessanti, come ad esempio che, tra il 2006 e il 2023, il 12,5% del consumo totale di suolo è imputabile agli impianti fotovoltaici a terra: il dato è estremamente rilevante, tanto più se si mette a confronto con le altre voci come la costruzione di edifici e fabbricati (16% del totale) o strade pavimentate (8%). Nel 2023, gli ettari consumati per far posto a impianti fotovoltaici a terra sono aumentati del 60% sul 2022 (421 ettari sui 265 ettari della rilevazione 2022). Veneto, Piemonte e Sicilia guidano questa classifica “tanto triste quanto assurda”, se si pensa che, sempre dall’analisi Ispra, installando pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici e dei fabbricati esistenti, esclusi i centri storici dei principali comuni e tutti i centri e agglomerati urbani minori, si raggiungerebbe la soglia di energia rinnovabile prevista dal Piano nazionale integrato energia e clima. Inoltre, nel 2023, altri 504 ettari di suolo consumato sono imputabili alla logistica e alla grande distribuzione. “Si tratta di un’altra assurdità, se si pensa all’abbondanza di capannoni già costruiti e attualmente vuoti”.
Alla luce di questi dati, “Slow Food Italia - dichiara la presidente Barbara Nappini, presidente - chiede alle istituzioni e agli organi di Governo provvedimenti per frenare il consumo di terreno agricolo, l’installazione dei pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici e delle strutture già esistenti, salvaguardando il terreno fertile, e la realizzazione di un censimento degli spazi commerciali di grande dimensione oggi inutilizzati, promuovendone il riutilizzo. Non possono e non devono essere le esigenze di bilancio, per altro comprensibili, degli enti locali a indirizzare le politiche in materia di urbanistica, tanto più che i costi legati alla perdita dei servizi ecosistemici sono nettamente superiori a qualsiasi onere di urbanizzazione”.
Tornando al focus di Ismea sull’effetto della crescita del fotovoltaico sul consumo di suolo, tra la Regioni, il Veneto, con poco più del 17% del totale, apre la classifica regionale, seguito da Piemonte e Sicilia, con circa il 14% ciascuno, e da Lazio e Sardegna con quote rispettivamente dell’11,5% e dell’11%. Marginale l’effetto “covering” da fotovoltaico in Puglia, con poco più del 2% dei 400 ettari nazionali, e soprattutto in Umbria, Marche, Toscana e Campania (ciascuna con 1% circa di quota), nessun contributo, invece, da Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Liguria, Molise e Calabria. Il fenomeno, che implica un effettivo consumo di suolo agricolo ma che, a differenza della cementificazione, sottolinea Ismea, non assume carattere irreversibile, ha interessato per il 51% aree rurali con agricoltura di tipo intensivo, collocate in prevalenza in territori di pianura e collina, il cui impatto sul piano economico e produttivo è significativamente maggiore rispetto ad altri contesti. Un altro 28% ricade in ambiti classificati “intermedi”, il 13% in aree interne con problemi di sviluppo, soggette anche a fenomeni di spopolamento, e solo l’8% in aree urbane e periurbane. Non si tratta, dunque, di aree marginali. Da rilevare, inoltre, una schiacciante prevalenza dei seminativi, per lo più in territori di pianura. Al Centro-Nord il 95% delle superfici agricole dirottate sul fotovoltaico riguarda questa tipologia colturale, contro il 77% del Mezzogiorno. Al Sud e nelle Isole si osserva un significativo coinvolgimento anche delle colture permanenti (20%), con un quinto dei terreni agricoli disimpegnati per fare posto ai pannelli solari situato in zone montane o pedemontane.
Complessivamente, la copertura di suolo nazionale con pannelli fotovoltaici ha cumulato negli anni un’estensione di circa 18.000 ettari, tra suoli agricoli ed extra-agricoli. E il focus Ismea fornisce anche una stima del valore fondiario dei terreni transitati al “solare” nel 2023, pari a 9,7 milioni di euro, effettuata a partire dagli indicatori agronomici-estimativi derivati dalle banche dati dell’Istituto. La collaborazione interistituzionale con Ispra e Snpa (Sistema nazionale protezione ambiente), per ora di carattere sperimentale, si inquadra in un più ampio progetto Ismea che prevede la costituzione di un “Osservatorio delle terre agricole e rurali nazionali”. “Lo scopo è monitorare in maniera continuativa i dati sul consumo e sull’uso del suolo in Italia, in ottica valutativa e anticipatrice rispetto alle possibili implicazioni agricole, rurali e di sovranità alimentare. Sono tematiche che contribuiranno a migliorare la comprensione dei fenomeni in atto a supporto della governance del sistema agroalimentare, con valutazioni d’impatto sulle relazioni tra diverse opzioni, anche sul trade-off tra la conservazione e il rafforzamento del potenziale produttivo agricolo del Paese e lo sviluppo di energie rinnovabili”, conclude -il dg Ismea Sergio Marchi.

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