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CONTRAFFAZIONE, SERVE PIÙ ATTENZIONE PER IL VINO ITALIANO, ALFIERE DEL MADE IN ITALY AGROALIMENTARE. OGNI HANNO I PRODUTTORI DEL VERO WINE & FOOD DEL BELPAESE “DERUBATI” DI 60 MILIARDI DI EURO

“Italia”: dalla moda alle auto, dal design alla cultura, e sicuramente all’agroalimentare, è uno dei brand più preziosi del mondo. Cosa che all’estero hanno capito in tanti, e che molti sfruttano, senza vantarne diritto, a proprio vantaggio. E così la contraffazione sottrae ai produttori di vero made in Italy alimentare 60 miliardi di euro all’anno, quasi il doppio del fatturato “legale” delle nostre esportazioni. E se il Parmigiano è il prodotto più imitato, anche il vino ha il suo bel da fare: tra quello palesemente contraffatto, etichette che suonano italiane senza esserlo, marchi o denominazioni non riconosciute all’estero, per difendere l’immagine e la produzione enologica veramente italiana si spendono più di 2 milioni di euro all’anno. Difficile anche tutelarsi, una volta scoperte le truffe, e pochi i player che hanno le capacità e le risorse per attrezzarsi, come ha fatto il Consorzio del Chianti Classico, custode di uno dei vini più conosciuti e imitati del mondo, con una task force legale permanente per cui spende, ogni anno, 200.000 euro. Tre i tipi di contraffazione che più colpiscono il vino italiano. C’è il nome che ammicca all’Italia, etichette che si chiamano “Napulè” o simili, ma che non hanno nulla a che fare con Enotria; c’è l’“italian sounding”, come “Prisecco” in Germania; ci sono marchi e denominazioni che fuori Ue non sono riconosciute, e così ecco che in Usa si produce Marsala o Chianti di California. Che fare allora? Anni or sono Federvini aveva proposto la creazione di uno sportello dedicato alla tutela del vino, in collaborazione con l’Ice, ma il progetto è rimasto nei cassetti. Per i prodotti Dop e Igp è nato www.trueitalianfood.it, una piattaforma promossa da Ministero delle Politiche Agricole, Buonitalia e Aicig (associazione dei consorzi), per la tutela dei prodotti a denominazione. Visto che la nuova normativa europea ha equiparato Doc, Docg e Igt a Dop e Igp, magari vale anche per il vino. Ma il prodotto di punta dell’export agroalimentare italiano meriterebbe forse un occhio più attento.

Focus - La contraffazione del Made in Italy agroalimentare in pillole

- Falso made in Italy e “italian sounding” nel mondo “rubano” al vero agroalimentare italiano 60 miliardi di euro all’anno
- Solo in Ue l’“italian sounding” vale 26 miliardi di euro, contro 12,4 dell’export italiano
- Taroccati 3 prodotti su 4 nel mondo
- Con origine in etichetta si dovrebbero recuperare 13 milioni di euro al giorno per agroalimentare italiano
- Parmigiano Reggiano prodotto più taroccato
-Chianti vino più imitato
-Contraffazione alimentare cresciuta del 950% in 10 anni (2000-2010)
- L’Italia spende per combattere la contraffazione dei suoi vini una somma stimabile in 2 milioni di euro all’anno; la contraffazione dei vini italiani è, comunque, marginale rispetto all’agroalimentare, ma comunque tenuta d’occhio costantentemente; si svolge in tre modalità principali:
a - usando all’estero un nome che il “fa il verso” a qualche nostra denominazione (sullo stile di “Parmesan”), un fenomeno classico di “italian sounding”;
b - non riconoscendo e, quindi, usando, anche nella produzione all’estero un nome/denominazione di vino italiano, specialmente se non è ricorso alla registrazione internazionale del marchio.
c - il caso più clamoroso: uso dei un vino/denominazione italiana “tale e quale” (caso raro e limitato).

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