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AL COLLASSO

Contributi, cassa integrazione e liquidità a lungo termine: le richieste della Fipe al Governo

Il dg Fipe Roberto Calugi: “serve un patto con il sistema bancario per spalmare il debito a 20 anni. Affitti oggi insostenibili”
DECRETO RISTORI, FIPE, GOVERNO, RISTORAZIONE, Non Solo Vino
I ristoratori in ginocchio

Alzare il coefficiente di moltiplicazione per il calcolo dei contributi destinati alle imprese della ristorazione e di intrattenimento, a cominciare da quelle che operano nelle zone rosse e arancioni, ulteriori settimane di Cassa Integrazione e liquidità a lungo termine. Sono alcuni dei principali correttivi al Decreto Ristori messi in fila dal Direttore generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Roberto Calugi, nel corso dell’audizione di oggi alle Commissioni riunite Finanza e Bilancio del Senato. Correttivi necessari per arginare lo tsunami che si è abbattuto sui Pubblici Esercizi negli ultimi nove mesi: mentre in epoca pre-Covid il mondo della ristorazione e dell’intrattenimento contava 330.000 imprese, 1,3 milioni di addetti e 90 miliardi di euro di fatturato, il 2020 è destinato a chiudersi con una perdita del 27%, pari a 26 miliardi di euro, senza contare le restrizioni imposte dal nuovo Dpcm.
“Troppo spesso - ha detto Calugi - le nostre imprese sono ritenute attività non essenziali. Noi rigettiamo con forza quest’impostazione che troviamo profondamente sbagliata nel merito. Per far sopravvivere il settore, serve un cambio di paradigma”. A cominciare da due aspetti essenziali: il credito e le locazioni. Sul primo, “serve un patto con il sistema bancario per la liquidità delle imprese e serve subito. Va spalmato il debito contratto nel 2020 in un arco temporale lungo, di almeno 20 anni - spiega il dg di Fipe - con un pre ammortamento di almeno 24 o 36 mesi, che permetta alle imprese che sono oggi in stato pre fallimentare di uscire dalle macerie e rialzarsi”.
Per quanto riguarda le locazioni, invece, “non abbiamo remore a dire che gli imprenditori di questo settore non sono più in grado di sostenere i costi degli affitti che sono balzati dal 10% al 30% come incidenza del fatturato. O si interviene con una misura “ad hoc” o i tribunali sono destinati a ingolfarsi di contenziosi”, conclude Calugi. Una cosa è certa, lo strumento del credito d’imposta si sta rivelando zoppo: pur essendo cedibile le banche non sono interessate a prenderlo. Inoltre, sta emergendo un problema sull’affidabilità del settore: nonostante le garanzie di Stato, alcuni istituti di credito richiedono fidejussioni accessorie per concedere linee di finanziamento.

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