La storica azienda austriaca Riedel ha conquistato il mondo dell'enologia con un concetto semplice ma geniale: ogni vino può offrire il meglio di sé solo in un bicchiere a lui dedicato. A Trento, l'anima del gruppo, Georg, spiegherà come … E il calice si prese la rivincita… Sembrava un’ovvietà: la forma di un bicchiere influenza il gusto del vino. Eppure, quando Claus Josef Riedel ha portato nei ristoranti questo concetto e i suoi calici di cristallo, adatti al Cabernet Franc o al Merlot, è stato messo alla porta, preso in giro o, nel migliore dei casi, invitato a tornare più avanti. Era il 1973. Cinquantadue anni dopo, da un angolo alpino dell’Austria, Kufstein, al confine con la Baviera, partono scatole di bicchieri su misura, vitigno per vitigno, per i locali stellati e le enoteche di tutto il mondo. Qui ha sede la Riedel, vetreria di origine boema fondata nel 1756. Il primo è stato Johann Leopold Riedel, erede di soffiatori e doratori. Dopo la II guerra mondiale l’azienda venne confiscata dallo stato cecoslovacco. Claus Josef rilevò una cristalleria in Tirolo, con l'aiuto di un’altra famiglia di origine boema, gli Swarovski. Così iniziò nel 1958 la nuova “missione”: creare bicchieri di qualità, a prezzi accessibili, per vini di qualità. La collezione Sommelier del 1973, è stata quella della svolta. Georg, il figlio di Claus Josef, l’ha portata in giro per il mondo, “seguendo l’onda del vino”, nazione dopo nazione, fin no a diventare il “maestro dei cristalli” che tutto il mondo conosce. Al Trentodoc festival 2024 racconterà la sua storia e la continua ricerca di forme per i liquidi alcolici, ma non solo (ha ideato anche un bicchiere per la Coca Cola e uno per il caffè Nespresso). Il bicchiere da Pinot nero è diventato un oggetto di design, è esposto al MoMa di New York. Con la sua valigetta nera, dove custodisce i suoi bicchieri di cristallo, Georg Riedel è stato per decenni un viaggiatore instancabile. Ha 75 anni, occhi azzurri, modi eleganti per spiegare come i suoi cristalli riescano a esaltare i profumi, le sensazioni al palato e il gusto di un vino. Da bambino ha trascorso le vacanze sulle spiagge venete. Parla italiano, ha un carattere gioviale. Una spiccata capacità di spettacolarizzare il suo lavoro. Le sue degustazioni comparate che chiama “gite dei sensi”, sono show che attirano fino a 75 mila persone l’anno. Spiega, roteando i calici, la differenza tra i vini bevuti nei calici tradizionali e i suoi, “come quelli superleggeri della linea Veritas che si adattano al Dna della uve Cabernet, Chardonnay, Riesling, Viogner e poi Syrah e Pinot Noir distinti per Vecchio e del Nuovo Mondo”. Angelo Gaja, il signore del Barbaresco che ha importato questi calici in Italia, ci spiegò così la rivoluzione Riedel, una decina di anni fa: “Ci sono forme di bicchieri che tolgono profumi e sapori del vino, altre che li valorizzano. Il vino nel bicchiere si apre, cambia, si evolve. Georg l’ha capito e mette amore nella ricerca perché ogni vino dia il meglio. E poi viaggia senza sosta per il pianeta a spiegarlo”. “Tutto è diventato più facile - ha raccontato Georg - nel 198g, dopo una degustazione con Robert Mondavi ai magazzini Harrod’s di Londra. Mondavi giurò di non aver mai provato niente di simile bevendo il suo vino con i miei bicchieri. Ne parlò con il critico Robert Parker e da quel momento ho trovato una strada aperta, non solo negli Stati Uniti. Penso che un consumatore che pone tanta attenzione a vitigni e zone di produzione possa dedicarsi a cercare la forma del bicchiere per apprezzare di più quello che beve”. Il bicchiere, secondo Georg, va disegnato pensando ai differenti vini perché “ampiezza del calice, la sua dimensione, il tipo di imboccatura sono in grado di raccogliere, concentrare, dirigere, sottolineare e ad dirittura selezionare i profumi”, ha raccontato a WineNews. “L’incontro con le papille sarà molto diverso a seconda della dimensione e della forma dell’imboccatura perché, come sappiamo, la lingua percepisce i quattro sapori fondamentali - dolce, salato, amaro e acido — in diverse zone”. Per ideare i bicchieri, viene chiamato un gruppo di esperti, dai viguaioli ai ristoratori. Scelgono tra i bicchieri esistenti quello che si avvicina di più al modello ideale. Vengono creati quattro prototipi, e si convoca un nuovo gruppo di degustatori. I due gruppi iniziano una batteria di degustazioni. “Ognuno - ha raccontato George - assaggia il vino utilizzando i quattro modelli proposti e quindi stila la propria classifica di gradimento; a questo punto non mi resta che sommare i punteggi e il gioco è fatto. Il nuovo bicchiere può entrare in produzione”. Adesso, al fianco di George, c’è il figlio Maximilian, che ha portato Riedel nel mondo dei social. Su Instagram, al suo mezzo milione di follower mostra, da Portofino, l’iconico decanter a U con i colori della bandiera italiana assieme a una bottiglia di Ornellaia 1995.
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