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Corriere Della Sera / Economia & Soldi

Paolo, un Marzotto dalla lana all’uva ... Quando Paolo Marzotto lo scorso anno è uscito dalle aziende di famiglia, lasciando le presidenze della Zignago e di Santa Margherita (vini) e ogni incarico nel lanificio, ha deciso di impegnarsi in un progetto in cui credeva da tempo. Pensando di sviluppare al sud la Zignano aveva acquistato due tenute; una Piana Degli Albanesi, a pochi chilometri dal lago, a 600 metri di altezza, e l’altra vicino a Noto, Pachino, a 50 metri sul livello del mare, ideale per il Nero d’Avola. “Un vitigno difficile, delicato, pieno di misteri, che richiede infinite cure e che dev’essere ancora indagato per scoprire a fondo i pregi e le debolezze. Ma sarà il rosso del futuro”.
Come molti, è convinto che stia arrivando il momento giusto per i grandi vini siciliani, vellutati, rotondi, profumati, figli di un sole che non ha paragoni. “Le scelte politiche avevano portato al livello più basso la produzione: enormi quantità usate solo da taglio, e poco rispetto per le verità locali”. Con intelligenza e orgoglio, grazie alla passione visionaria di alcuni imprenditori, il panorama dell’ultimo decennio è andato cambiando e ci sono grandi aspettative per il futuro, “Nell’enocultura gli Armani, i Versace, i Ferré si moltiplicano – dice Marzotto - Nella moda del vino i marchi importanti possono raddoppiarsi, triplicarsi. Basta lavorare bene, miscelare con estro le uve. Nel mio “Piana dei Salici” a uvaggio di merlot ho raggiunto un 30% di Nero d’Avola e un 10% di bordeaux che aggiunge profumo. Si possono comporre i vini come si tagliano su misura i vestiti”.

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