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Corriere Della Sera / Economia

A tavola con il “cibo lento”, la rivoluzione è servita ... L’hanno chiamata in tanti modi da “Slow food revolution” a “Generazione Slow food” e non per caso. Definire Slow food non è per nulla facile. Di sicuro è una media impresa italiana che ci regala prestigio all’estero. La categoria in cui si inserisce non è altrettanto immediatamente identificabile. E allora stiamo alla definizione ufficiale: si tratta di un’associazione internazionale non profit composta da sette entità. Proprio così, una versione onlus delle sette sorelle: sotto l’egida di Slow food internazionale, infatti, si collocano le filiali di Italia, Svizzera, Stati Uniti, Germania, Giappone, Francia e Inghilterra.

Il prossimo “Salone del gusto”, la mostra-mercato mondiale del cibo di qualità che si svolgerà a Torino dal 26 al 30 ottobre, sarà anche l’occasione per celebrare un compleanno importante per tutto il movimento: Slow Food compie 20 anni. E in 20 anni l’associazione è veramente andata oltre ogni più florida immaginazione: fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow food è diventata nel 1989 una associazione internazionale (il cui presidente è ancora oggi Petrini).

Attualmente conta 83.000 iscritti provenienti da 122 Paesi. Le ragioni e gli obiettivi per cui Slow food è nata sono ormai noti: afferma la necessità nell’educazione del gusto come migliore difesa contro la cattiva qualità e le frodi, s’impegna nella salvaguardia dei cibi, delle materie prime, delle tecniche colturali ereditate dagli usi locali consolidati nel tempo; nella difesa della biodiversità delle specie coltivate e selvatiche. Proviamo però a capire meglio come funziona Slow food focalizzando l’attenzione sulla realtà italiana.

Slow food Italia nel 2005 ha presentato un fatturato poco superiore a 15 milioni di euro, dispone di 200 dipendenti di 11 nazionalità diverse, finanzio 200 presidi italiani che hanno il compito di preservare e rilanciare prodotti in via di estinzione e opera nel campo dell’educazione al gusto attraverso i Master of Food e i corsi di educazione nelle scuole. Per l’autofinanziamento, per lo sviluppo delle politiche associative, per l’organizzazione e la gestione di eventi fruibili da tutti e non solo dai soci, Slow food si serve di due società, che controlla al 100%: “Slow Food Promotion srl”, che si occupa principalmente dell’organizzazione dei grandi eventi (Salone del Gusto, Cheese, Slow Fish) e dell’attività di fund rising e raccolta pubblicitaria. Poi “Slow Food Editore srl”, che cura tutto il reparto editoriale dell’associazione (sito internet, riviste associative, newsletter, ma anche guide, saggi, libri di ricette per un totale di ormai 70 titoli). Sempre su iniziativa del movimento italiano sono nati: la “Fondazione Slow Food per la Biodivesità Onlus” (fatturato da 1 milione di euro l’anno), la “Fondazione Terra Madre” (che in 3 anni ha sviluppato un volume di affari di 7 milioni di euro), l’Università degli studi di Scienze gastronomiche (fatturato da 3 milioni e 750 mila euro) e la “Banca del Vino”, struttura in grado di stoccare migliaia di bottiglie pregiate, elemento motore di marketing e promozione.

E dopo il compleanno dei 20 anni? Quali saranno le strategie della nuova era Slow food? Roberto Burdese, nuovo presidente di Slow food Italia non ha dubbi: “Nell’associazione di domani non dovranno più esserci solo i soci ma anche i produttori, ecco perché stiamo pensando anche ad un nuovo statuto: nel futuro Slow Food dovrà investire ancora di più nell’educazione al gusto in prospettiva nutrizionista, culturale e merceologica, fornire a fasce sempre più larghe di utenti gli elementi per distinguere il buon produttore dal cattivo, incidere nei costumi alimentari quotidiani”. Per perseguire simili obiettivi è necessaria una strategia che tenga conto anche di maggiori intriti e finanziamenti, tali da sostenere sfide sempre più allargate. “Infatti - concorda Burdese - puntiamo a ridare vigore al tesseramento, magari coinvolgendo i più giovani. Nessuna sfida del futuro si vince senza di loro. Non a caso al prossimo Salone del Gusto è previsto uno sconto del 50% sul biglietto per gli under 35”.

Attualmente i tesseramenti e le donazioni dei soci rappresentano il 27% del budget di Slow Food (siamo intorno ai 5 milioni e mezzo di euro) a cui si aggiungono i 3 milioni e mezzo di finanziamenti dagli enti pubblici, i 3 milioni e 700 mila euro dagli sponsor, i quasi 3 milioni ricavati dalle manifestazioni organizzate, i 2 milioni e mezzo delle attività editoriali e il milione di euro delle rette di chi si iscrive ai vari corsi. “Se riusciremo a potenziare la nostra attività educativa spingendoci a favorire l’incontro tra produttori di qualità e consumatori, avremo svolto una parte fondamentale del nostro compito. Una cosa però deve rimanere chiara: Slow food non dovrà mai diventare né certificazione di qualità, né commercializzazione. Non ci interessa e non fa parte dei nostri ideali”.

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