02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Corriere Della Sera / Io Donna

Quell’ermo Collio ... L’amico che dà buca perché deve vendemmiare, l’Imperatore che fa il muso. E poi Josko, l’oste filologo, con la sua ricetta per ridare la verginità. Oppure Mirko, il coppiere di Tito. Storie di uomini, maiali e grandi vini a cavallo tra Friuli e Slovenia... Giovanni Puiatti è difficile beccarlo nel Collio; l’ultima volta, sarà stato un cinque anni fa, abbiamo trascorso un pomeriggio d’estate nella sua casa da scapolone scientifico a Ruttars, affacciati sui roncs, le colline terrazzate a uva, ed è lì che ho conosciuto un Pinot nero che può guardare dritto negli occhi i vignerons dell’Oregon: doveva raccontarmi un po’ di cose su un certo Filippo La Mantia, suo amico siciliano e allora chef sconosciuto ma con una biografia già romanzesca, “mio fratello” lo chiamava con quell’affetto che prende i friulani quando oltrepassano il cameratismo da osteria e abbracciano l’amicizia senza se e senza ma. Più facile incrociarlo a Chicago o a Londra, Giovanni. Nel Collio c’è, ovvio, in queste settimane di vendemmia; ma è scorbutico ed è meglio lasciarlo lì a cullare la sua creatura. Insomma, pensavo di farmi insieme a lui questo giro nel Collio friulano con puntatina nel Brda, il Collio sloveno, cominciando dalla sua nuova cantina di Romans, cioè inforcando le colline da Sud, dall’Isontino - e invece mi mostra al volo il capannone minimal, progettato e costruito a beneficio esclusivo del vino e delle cisterne in acciaio (“Il legno in cantina è come la panna in cucina” dice) e mi consegna nelle graziose mani di Elisabetta, sua sorella. Che tra l’altro si mette alla guida, dando per scontato che avrò parecchio da assaggiare. “Mandi, Giovanni!”.

Lasciamo Gradisca d’Isonzo sulla destra: è lì, scopro, che si chiuderà il cerchio del viaggetto. Puntiamo a Nord, ci infiliamo a Borgnano, un pugno di case che raccontano di mezzadri emancipati. E poi gelsi centenari, odore di vacche. Sono quelle di Giuseppe e Patrizia Zoff, le 70 pezzate rosse friulane, tette enormi ma buone anche da carne, perché tirate su con il fieno degli Zoff nel Borg da Ocjs, il borgo delle oche, che in Friuli erano i maiali dei poveri. Qui c’è un agriturismo low profile, ma santuario dei formaggiari, perché stiamo parlando della migliore latteria del Collio, tant’è che non trovi osteria nel giro di 50 chilometri che non spacci con orgoglio e giudizio ricotte e caciotte, magari aromatizzate alle ortiche o al sambuco. Sono circa le undici del mattino e con il signor Zoff è partita già una mezza bottiglia di Tocai, e quindi una volta in auto non ho chiaro se è o non è parente del portiere.

Entriamo a Cormons, la mamma del Collio, che il mercato sta quasi sbaraccando; passiamo sotto la statua di Massimiliano I d’Asburgo e lui, così benevolo che nel 1518 concesse ai cormonesi sei anni esentasse in riconoscenza dei bianchi che spedivano a Vienna, con noi sembra accigliarsi. Forse perché mostriamo fretta, quando questa delizia di cittadina esige tempo tutto per sé; oppure perché sa, l’imperatore, che all’alimentari Tomadin ci stanno aspettando per poter pulire l’affettatrice e andare a bere un bicchiere all’Enoteca, la cattedrale laica di Cormons. Le Tomadin, madre e figlia, parlano della loro merce neanche tenessero bottega nel quartiere dei diamanti ad Anversa: tessono le lodi dei prosciutto di Lorenzo D’Osvaldo, del sottogola affumicato di Jolanda de Colò, della farina di Dolmegna, del succo di mele di Isidoro Veliscek, che è pure norcino di razza “ma uomo un po’ selvatico”. L’odore, lì dentro, è quello che rimescola i ricordi solo di chi ha dai quarantacinque in su, ma anche gli altri (fossero pure austriaci) gradiscono portarsi le pepite a casa.

Viriamo in direzione dei Colli Orientali, ma ci fermiamo sul limitare, a Brazzano: la tarda estate nei vigneti ha le tinte del miele e del rame. L’ospite per il pranzo è Elda Felluga, una friulana alla mano e nel contempo sofisticata, come si addice alle donne di certe famiglie importanti di qui, a loro agio con contadini, artisti, Paesi lontani. Figlia di Livio Felluga, il patriarca dell’enologia friulana, Elda
ci riceve nella sua Osteria con alloggio proprio di fronte alla celebre azienda: un ambiente rustico, ma affatto banale. Con una cucina di stagione e prodotti del loco (mentre siamo a tavola entra un’amica con un cesto di fichi ancora rugiadosi, che sistemiamo subito accanto al tagliere del San Daniele). Ora è tempo di gnocco di susine, zuppa d’orzo e fagioli, ragouttino di cinghiale e uva. Svetta sulla tavola il Felluga Sossò, selezione di uve Merlot e di Refosco dal peduncolo rosso.

Puntiamo al confine, o ex confine, dipende da come vedi il mondo. Ma prima di passarlo, facciamo tappa da Josko Sirk, che ancora quando qui c’era il muro lui faceva come se non ci fosse e ragionava e cucinava oltre. Nel suo ristorante la Subida Trattoria al Cacciatore, vero relais de campagne nel bosco di Plessiva, affacciato sulla Slovenia, ha rimesso insieme i frammenti di sapienze ancestrali. Con estro, come quando mi spiega che la jota, d’estate, se hai esaurito crauti o brovada, la puoi fare “ingegnandoti” con la zucca verde inacidita. Icastico quando parla delle castagne, che si usavano per fare un po’ di tutto, quando c’era poco altro, “ma tutto sapeva inevitabilmente di castagna”. Josko, forse l’oste più celebrato del contado, ha la fissa dell’aceto, che produce con le migliori uve del Collio e dalle proprietà salvifiche: “Tiene lontani i mosconi, frena i tormenti dei giovani parroci. Può financo ridare la verginità”. Nel Brda, il Collio sloveno, cogli subito gli effetti dell’euro-euforia che elettrizza quel Paese. Qui ai tempi della Jugoslavia tutto il vino finiva nella cooperativa di Dobrovo (la Cormons slovena) e qualità zero; ora a ogni passo trovi un’azienda, spesso improvvisata. Ma la “ponca”, la marna eocenica che rende unica la terra del Collio, è la stessa, e quindi è comprensibile la preoccupazione degli “italiani” che vedono crescere nel mondo la qualità e la concorrenza “slovene”. Andiamo a Medana a trovare Mirko Kristancic, che è oltre gli ottanta. Ci racconta perché i vini della sua azienda, Movia, fondata nel 1810, strappano un sacco di premi. Soprattutto il suo spumante Puro, di Ribolla Gialla. Perché Tito, bevitore balcanico ma raffinato, per Movia fece un’eccezione, niente cooperativa, ma fornitore ufficiale del regime. E così Mirko ha potuto tenere il passo con i colleghi d’oltreconfine.

A Medana, soprattutto dall’agriturismo Belica (meta per gli amanti degli insaccati “domaci” fatti in casa), godiamo di una vista gloriosa su tutto il Brda - violato qui e là da qualche costruzione volgare. La migliore enoteca dell’area - fornita anche di profumati spiriti a base di frutta - è quella al Castello di Dobrovo, fortilizio barocco e ben restaurato, costruito dai conti friulani Coloredo. Rientrando verso l’Italia, aVipolze, facciamo tappa da Edi Simic, uno dei produttori più interessanti. Visitiamo la cantina scavata nella roccia, dal sapore arcaico: “Piace agli americani, sono stufi del design” dice Edi. Ma per ospitarli ha costruito una villa in stile scandinavo, legno, vetro e acciaio, con una piscina che dà sul podere (un gruppo di sei paga 300 euro al giorno).

Ci aspettano per l’aperitivo a Gradisca. Attraversiamo la Piana del Preval e le colline del Collio più aristocratico e più celebrato, il Collioshire, quello di Russiz, con il bianco castello in stile Windsor e del Castello di Spessa, campi da golf tra le vigne. Ma è la bellezza di Gradisca a stupire anche chi, come me, ha una radice ben piantata in Friuli. Una città mitteleuropea finalmente gioiosa, curata ma non imbalsamata. Vale un viaggio a sé, non foss’altro che per trascorrere qualche ora in quella che Edoardo Raspelli ha definito “la più bella osteria d’Italia”, Il Mulin Vecio - ed è qui che l’aperitivo si consuma con la voluttà di un atto proibito. Ma fugace, perché Elisabetta ha in serbo una sorpresa: oltrepassare l’Isonzo, rompere il cerchio del viaggio, per salire a cena dal grande Agostino Devetak a San Michele, monte sacro della Grande Guerra. Ungaretti, Carso, altra storia.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su ,