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Corriere Della Sera / Sette

Se il dovere morale finisce in rianimazione ... Tre minori, tra cui una ragazza, in ospedale a Savona dopo un sballo di alcol, la stessa notte nella quale tre minori, tra cui una ragazza, sono protagonisti dell’aggressione di Sovana ai carabinieri. Tra lo stupore di famiglie che stanno a guardare... Un figlio in coma etilico, che non sa più il nome di padre e madre, come metafora di quel che non sanno, di lui, i suoi genitori... Non so. Non ricordo. Le risposte strutturali di chi decide di non parlare sulle labbra di chi vorrebbe, ma non ce la fa a ricordare. Avendo perduto completamente coscienza di sé. Uno dei tre giovanissimi, il primo rimesso in condizioni di parlare, non sa da dove viene: non solo il suo indirizzo, neppure la sua città, la nebbia che scollina nella sua testa. Non rammenta neanche il nome di padre e madre. Tre minori, due maschi e una ragazzina, dentro una notte devastata, quella tra il 24 e il 25 aprile. È la notte dei “ragazzi di Grosseto”, dell’aggressione feroce ai carabinieri - tre minori, tra loro una ragazzina sedicenne, alle spalle del 19enne che ha preso a pestare - dopo il rave party di Sovana. È la notte di quella mattanza alterata, ma i tre protagonisti di questa storia non solo loro. Questa è una storia dove a finire in ospedale, in corsia, non sono i carabinieri - intervenuti in soccorso - ma i tre minori, perché le notti italiane da un po’ si assomigliano tutte e sono una lo specchio dell’altra (cambia solo il finale, se fai o ti fai del male) tanto che puoi anagrammarle. In questo caso, alla perfezione, visto che il luogo di ambientazione muta da Sovana in Savona. Notte discotecara a pieno carico di alcolici. Tre giovani fantasmi, usciti dal locale, la Bajda di Noli, si muovono lungo la strada, barcollando perduti. Arriva l’autoambulanza di Savona Soccorso. Uno dei tre sta malissimo, è in coma etilico, viene sottoposto a rianimazione. Poi la corsa in ospedale, “grave stato di intossicazione” spiega la diagnosi, e ricovero a scopo precauzionale. Come per la sedicenne trevigiana che qualche giorno prima ha passato la notte in osservazione all’ospedale di Conegliano dopo che la solita sirena allarmata - la luce pulsante di uno stroboscopico blu lampeggiante - s’è infilata a mixare il ritmo notturno di un dj: anche per lei coma etilico sfiorato dopo una serata giusto al bar Mixer. Sono storie che si ripetono identiche (il 20enne morto in una discoteca a Pisa, dopo un cocktail di drink e droga), e non più soltanto nelle notti del fine settimana, ma che non fanno più storia. Salvo quando l’accelerante allo sballo veloce - alcol con aggiunta di sostanze - non diventa una molotov che ti esplode dentro fino al massimo grado dell’irresponsabilità: fino alla frustrazione per una paletta che ti intima di fermarti, alla rabbia per una multa o una patente ritirata, alla violenza cieca che allora diventa notizia. E invece a fare notizia dovrebbe essere probabilmente quanto accade dopo lo sballo di turno e la corsa in ospedale, perché è a quel punto che parte la caccia all’alibi, puntuale e saputa, come sempre accade quando l’indice mostra la luna e tutti gli occhi indignati fissano l’indice: il rave-party che ha armato la violenza di una notte maremmana e, più generalmente, le disco e i bar che servono alcol ai minori è fenomeno che va denunciato, anche se novantanove volte su cento è sempre il maggiorenne della compagnia che si presenta al bancone per l’ordinazione. Giusto: se qualcuno non rispetta la legge - nell’organizzare feste o servire bevande a chi non ha l’età consentita (articolo 689 del Codice penale) - va perseguito e, se colpevole, condannato. Bene, ma non sarà il caso anche di guardare per un attimo la luna in tutte queste storie? “No, ci deve essere un errore: mio figlio è a Santa Margherita, non può essere a Noli”, ha spiegato ai carabinieri la madre di uno dei tre minorenni genovesi finiti all’ospedale di Savona, prima di accettare la realtà. “Il problema è che sempre più spesso le famiglie non sanno quello che passa nella testa dei loro figli. C’è un “contromondo” di cui ignorano tutto”, ha raccontato un investigatore che lavora sull’aggressione di Sovana. E un magistrato minorile fiorentino, interpellato da La Nazione, ha aggiunto: “Sapeste quante volte fermiamo dei ragazzini per droga e i genitori, da noi informati, cadono dalle nuvole”. Solo che la luna è come se non la si volesse vedere, eclissatisi dalle loro responsabilità - è di minori che stiamo parlando - un bel po’ di genitori che fingono di non sapere, pure di aver fatto fallimento educativo: troppa fatica a discutere, a mediare, se è il caso a impedire, tutti verbi retti dall’ausiliare del cuore che è proteggere, inclinazione in disuso. Intanto perché lo impone la legge e prima ancora per un dovere morale andato in malora: un figlio in coma etilico che non sa, che non ricorda più il nome di padre e madre come la metafora di quel che non sanno, non ricordano più, tanti, tantissimi genitori.

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