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Corriere Della Sera

Salone di Torino - trecento cantine italiane usano le «capsule» di plastica. Vino, per i tappi vince il sughero. I grandi produttori: migliori di quelli sintetici. Ma la sperimentazione avanza.

Silicone o sughero? Il tappo divide i produttori di vino. Qualche anno fa si gridò allo scandalo quando da Seattle arrivò un turacciolo ottenuto da una speciale termoplastica usata per le protesi di valvole cardiache. Il suo costo, 300 lire, era nettamente inferiore a quello dei tappi di sughero, 1200 lire per ogni pezzo. Ma l’idea di battere la sorpresa sgradita, a tavola, del sentore di tappo appunto, all’apertura di una bottiglia di pregio, contagiò tanti vignaioli. Si avviò la sperimentazione. Dividendo, tuttavia.
Tra gli irriducibili del tappo di sughero c’è Jacopo Biondi Santi che mai tapperebbe il suo Morellino di Scansano con la plastica. Di più: suo padre, Franco, produttore di Brunello a Montalcino, alla ricolmatura per le annate storiche, davanti a un notaio, sostituisce anche il tappo. «E’ diventato un rito - ammette Jacopo - ma anche garanzia di serietà». Con lui è solidale Angelo Gaja che da Barbaresco, in Piemonte, per il suo Barolo Sperss usa autentici «proiettili», più lunghi di tutti gli altri. Mania? No, perché i tradizionalisti sono in maggioranza. Sono usati infatti circa 25 miliardi di pezzi in sughero contro 150 milioni di sintetici l’anno. Trecento cantine italiane si sono lanciate nelle prove. I risultati soddisfano chi li impiega per vini che non richiedono anni di invecchiamento. Ne sono convinti Marco Felluga, Bertani in Valpolicella, Uberti in Franciacorta, Caprai e Planeta. L’enologo Fausto Peratoner, della cantina trentina La Vis, da tempo manda i suoi Merlot e Chardonnay in Inghilterra. La domanda del sintetico gli è arrivata da una catena di supermercati londinesi. «Preoccupa tuttavia l’assenza di materiali alternativi - dice Peratoner - e una buona risposta sulla tenuta nel tempo. Lo stesso impatto sul consumatore non convince».
La penisola iberica fornisce i tre quarti della produzione mondiale di sughero: 274 mila tonnellate su un totale di 374 mila. In Italia si arriva a 14 mila tonnellate concentrate soprattutto in Sardegna. Ma nuovi rischi arrivano da un parassita, l’Armillaria mellea, che attacca la quercia alla base, compromettendo la salubrità del sughero. Questa ultima ragione ha convinto Silvio Jermann, della cantina Vinnaioli di Farra d’Isonzo, a scegliere il silicone per chiudere Ribolla e Pinot Nero da spedire in Austria e Germania. La Coldiretti di recente ha rilanciato il messaggio ai vignaioli: «Cercate alternative». Al Salone del vino di Torino, aperto sino a domenica a Lingotto fiere, se ne parla oggi. Il tappo di silicone può distruggere dunque l’immagine del vino? E quello di sughero può rovinare il sapore? Dopo il clamoroso caso di Elio Altare, costretto a ritirare il suo Barolo ’97 perché «sapeva di tappo» e oggi in causa con l’azienda fornitrice, sono attesi altri colpi di scena. Uno sicuro. La scelta di Piergiorgio Scrimaglio che per la sua Barbera ha scelto la chiusura a corona, la stessa usata per l’affinamento dello champagne. Soltanto una scelta trasgressiva quella del produttore di Nizza Monferrato ?

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