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Corriere Della Sera

Il parere tecnico - Rivella: «Ingiustificato l’allarmismo» ... «Preoccupato? Assolutamente no. Perché ce ne vorrà prima che il primo bicchiere di vino transgenico arrivi sulle nostre tavole. E poi perché la storia della viticoltura, penso agli ibridi, insegna che al primo posto c'è sempre la qualità e qualità significa genuinità». Ezio Rivella, presidente dell’Unione italiana vini ed esperto enologo, non vuole schierarsi nella polemica sulla direttiva Ue che regola la commercializzazione di viti geneticamente modificate. E non solo perché non ama la litigiosità, ma perché è convinto che i rischi per i vini italiani ed europei siano altri. E' una direttiva pericolosa quella della Ue? «No, dà soltanto un via libera alla sperimentazione che ha tempi lunghissimi e due fasi. La prima, quella dedicata ai vitigni, ha una durata di una decina di anni. Poi bisogna selezionare il vino e passano altri vent'anni. Infine c'è la prova qualità e genuinità. Se il vino non è buono non vende. Da un secolo è così con gli ibridi, cioè con la genetica classica». La genetica classica ha creato mostri? «Non mostri, ma vini incapaci di reggere il confronto qualitativo con quelli tradizionali. Da un secolo sono nati ibridi resistenti ad alcune malattie, quali peronospora, oidio e filossera. Penso ai rossi Clinton e Baco o al bianco Seibel. Sono stati coltivati in pianure dove la vite tradizionale ha difficoltà ad attecchire. Il mercato non li ha premiati. Così non premierà i vini transgenici se la qualità non sarà eccelsa». Dunque è favorevole al transgenico? «Io non sono né favorevole né contrario. Così come non amo allarmismi ingiustificati. Ci vuole molta cautela nella scelta, ma allo stesso tempo non bisogna fermare il progresso. Semmai i pericoli vengono dalla concorrenza dell'emisfero Sud. Molti Paesi ci stanno dando lezioni, sia dal punto di vista qualitativo che economico».

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