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Corriere Della Sera

Il Vin Santo? Potrà essere «made in Germany». L’allarme dell’Unione Italiana Vini: il regolamento europeo allo studio penalizzerà la produzioni tipiche ... Il Vin Santo? Un vino tipicamente toscano, penserete subito. Eppure presto potreste accorgervi che quella bottiglia che state per aprire è nata in Grecia, o addirittura in Germania. Un rischio, nemmeno tanto remoto, che potrebbe capitare anche a un Passito siciliano, a un Buttafuoco dell'Oltrepò pavese, a un Pagadebit dell'Emilia Romagna. A lanciare l’allarme è stata ieri l’Unione italiana vini (una delle associazioni di settore) che ha accusato l’Unione Europea di voler giocare un nuovo brutto tiro al made in Italy . Nel mirino c'è un regolamento Ue, molto tecnico, che si prefigge di tutelare i nomi tipici dei vini, dei sistemi di produzione, dei metodi di elaborazione. L'Unione europea ha proposto due liste: in una figura chi potrà contare su un'ampia protezione internazionale, nell'altra chi invece dovrà accontentarsi di spartire il nome con qualche altro Paese. Elenchi messi giù senza andare troppo per il sottile, denuncia l'Unione vini. «La Commissione europea - spiegano - ha tagliato drasticamente la lista dei nomi proposti dall’Italia, accogliendo quasi integralmente, invece, quelle di altri Paesi». In un primo tempo nella seconda categoria era finito addirittura il Brunello. Uno dei più blasonati vini italiani avrebbe potuto essere prodotto in Spagna o altrove. Sarebbe stato sufficiente «dimenticare» di inserire in etichetta la provenienza: senza la dicitura completa «Brunello di Montalcino» la faccia era salva e le regole rispettate. Un po’ meno il consumatore... «Esiste un meccanismo perverso della burocrazia per cui si rischia di fare grossi danni nel tentativo di applicare regole assurde, pur se motivate da buoni propositi», denuncia Ezio Rivella, presidente dell’Unione italiana vini. Una posizione comune anche a Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi. Ma la Confagricoltura, pur condividendo le critiche, getta acqua sul fuoco. «Certo vedersi ridurre i prodotti da difendere non piace a nessuno - sostiene -. Sarebbe però stato peggio se, come si temeva, fosse passata l’idea di consentire ai vini da tavola l'indicazione del nome del vitigno e dell'annata di produzione». Una misura che avrebbe permesso, per esempio, a un Sangiovese prodotto in Australia di entrare in concorrenza con quello della Romagna, senza obbligo di indicare la provenienza. Per fortuna, i giochi non sono ancora fatti. La votazione sulle liste è prevista per la prossima settimana. Poi la decisione definitiva spetterà ai ministri agricoli. L’Unione vini ha chiesto che venga assicurata una protezione a tutti i nominativi proposti dall’Italia. E, se non venissero accettate almeno le richieste più evidenti, ha invitato il ministro a non approvare del tutto il regolamento.

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