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Corriere Della Sera

Vino, un manifesto contro il biotech. Alleanza tra Slow Food e le Regioni: «Sì alla ricerca ma difendiamo il patrimonio italiano» ... No agli ogm in bottiglia. Riparte da Bologna, con un’allenza tra Slow Food e le Regioni, la battaglia che una parte del mondo produttivo, spalleggiato da ambientalisti e associazioni consumatori, ha ingaggiato contro l’introduzione del transgenico nelle vigne. A tre mesi dal varo della contestata direttiva Ue, che ha aperto la strada alla coltivazione dell’uva biotech sul suolo europeo, a farsi portabandiera della salvaguardia dei nostri vitigni tipici è la Regione Emilia Romagna, che ha chiamato a raccolta assessori regionali e una larga fetta del mondo vitivinicolo italiano per una convention in programma domani sotto le due torri. Un appuntamento che nelle intenzioni degli organizzatori dovrà servire per gettare le basi di una strategia di difesa del patrimonio vitivinicolo italiano dal pericolo di contaminazioni biotech. Un rischio al momento più che altro teorico, dato che la ricerca in questo campo è ancora molto indietro e, a parere degli esperti, trascorreranno ancora molti anni prima della messa a punto di vitigni biotech. In ogni caso - ribadiscono i promotori del summit - è bene che il nostro Paese si attrezzi per tempo, varando subito una serie di regole molto chiare sulla tracciabilità e l’etichettatura dei prodotti ogm, in modo da garantire ai consumatori libertà di scelta quando saranno messe in vendita le prime bottiglie di vino transgenico. La linea tracciata dal manifesto-appello stilato da Slow Food e dal documento che in parallelo sarà sottoscritto domani dagli assessori regionali si riassume comunque in un no secco al vino transgenico: «Non tanto per motivazioni legate alla sicurezza dei prodotti ogm - afferma l’assessore emiliano all’Agricoltura, Guido Tampieri - quanto piuttosto per non pregiudicare quei caratteri di qualità e identità che sono alla base del grande successo che sta riscuotendo il vino italiano nel mondo». Insomma, il transgenico - sostiene Tampieri - porterebbe diritto alla standardizzazione e all’omologazione dei vini, in contrasto con gli interessi della viticoltura italiana, il cui punto di forza è rappresentato proprio dalla straordinaria ricchezza produttiva. La ricerca non si può bloccare, ma va indirizzata verso l’esaltazione dei caratteri distintivi dei nostri vini. Per sbarrare il passo all’avanzata strisciante degli ogm in viticoltura, come è già successo per le sementi di soia e mais risultate inquinate a dispetto della linea ufficiale della «tolleranza zero», bisogna perciò pensare ad adeguate contromisure sul piano normativo. E l’occasione giusta è rappresentata dalle norme applicative della direttiva Ue del febbraio scorso, che i singoli stati membri dovranno adottare entro il febbraio del 2003. La posizione di Slow Food e delle regioni non ammette equivoci: «Servono nome precise - scandisce Tampieri - in materia di tracciabilità ed etichettatura dei prodotti, con controlli rigorosi dal campo fino alla logistica, per garantire una rigida separazione delle filiere. E da questo punto di vista, non c’è contaminazione accidentale che tenga». Dal summit bolognese partirà anche un appello in difesa delle denominazioni d’origine, con l’esplicito invito rivolto ai nostri Consorzi di tutela di inserire nei propri disciplinari il divieto di usare materiale geneticamente modificato in tutte le fasi produttive del vino, altrimenti perderà il diritto a fregiarsi del marchio doc o docg.

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