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Corriere Della Sera

Il Sagrantino? Cerchiamolo in Armenia: studi rivelano che nell’antichità questo vitigno non era coltivato solo in Italia. Una spedizione scientifica andrà alla scoperta delle sue vere origini ... Non resta che partire con carte, documenti e un po' di spirito alla Indiana Jones. E' la conclusione a cui sono arrivati un ricercatore dell'università di Agraria di Milano e un produttore di vino umbro. L'obiettivo comune è andare alla scoperta delle origini del Sagrantino, vitigno autoctono che a Montefalco ha trovato la consacrazione. Dopo un'operazione di recupero, avvenuta in Umbria, dell'antico patrimonio genetico di questo raffinato rosso, entrato autorevolmente tra i top wines , i ricercatori cercano ora le sue origini. Ambizione e voglia di sapere si fondono nel messaggio del professor Leonardo Valenti: «Il Sagrantino geneticamente è unico, non assomiglia a nessuno dei grandi cultivar italiani, è un pesce fuor d'acqua, anche se cresce tra il Sangiovese e il Montepulciano non ha nulla a che fare con quei vitigni». Dunque si va a cercare nelle aree caucasiche, in Armenia, ai limiti dell’Azerbaijan, in riva al Mar Caspio, dove la Vitis vinifera si sarebbe diffusa. La raccolta bibliografica ha deluso e si arriva al 1700 per leggere la prima volta il nome Sagrantino in un testo: questo non ha intimorito Valenti e Marco Caprai, produttore di Montefalco che di questo vitigno si è fatto una ragione. Attraverso le analisi ampelografiche fornite dalle università di diverse nazioni sono arrivati gli stimoli per intraprendere il viaggio. Prima tappa, Santorini in Grecia a fine settembre. Armati di mappe, disegni, fotografie e testi, i nostri Indiana Jones esploreranno vigneti di aziende che partecipano al progetto. «Personalmente credo che il Sagrantino arrivi dai Balcani e portato attraverso l'Adriatico sia approdato nell’area umbra» dice Valenti, ammettendo tuttavia perplessità e dubbi. Un gioco complesso fatto di tragitti e percorsi di cui si è persa traccia. Facile pensare anche alla Magna Grecia e all'ipotetica via del Mediterraneo. In questi anni a Montefalco sono state create oltre seimila piante da semenzaio. «Ogni seme ha un suo codice genetico e caratteristiche diverse, dalla campionatura arriva una possibilità in più per valutare il materiale che troveremo durante il viaggio» spiega Caprai. Se la ricerca rivelasse un vitigno simile al Sagrantino, esso diventerebbe il nome di un processo, di una tradizione vitivinicola legata al territorio e alla cultura di Montefalco tutelabile nel mondo con leggi internazionali. L'aspetto della tutela sta a cuore a Marco Caprai: «Nell'ultimo anno in Italia sono state vendute un milione di barbatelle di questo vitigno e tra due anni ci saranno in giro per la penisola 4-500 ettari di vigna piantati a Sagrantino, mentre a Montefalco, area di origine, ve ne sono attualmente 150». Una situazione paradossale che rischia di minare un patrimonio di tipicità legato all'area umbra. E non è tutto. «Altri rischi arrivano dall’estero, dall'Australia per esempio - aggiunge il produttore - dove basta il 34 per cento di Sagrantino mescolato con altri vitigni per battezzare una bottiglia con quel nome, vanificandone la tipicità». Al via dunque il viaggio sulle orme del rosso umbro, una ricerca che nell'arco di due anni potrebbe fornire alcune risposte.

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