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Corriere Della Sera

Vinitaly - Vino, la rivincita dei bianchi italiani: confermato il boom iniziato un paio di anni fa negli Usa. Più eleganti e strutturati di un tempo, piacciono ai consumatori ... E' il momento dei vini bianchi. Con in prima fila quelli italiani. Vendemmia dopo vendemmia, hanno cominciato ad uscire dall’angolo dove i grandi rossi - forti anche dei successi internazionali - li avevano confinati, e adesso i Pinot grigio, gli Chardonnay, i Tocai sono sempre più presenti a tavola: non soltanto d’estate, come aperitivi, o abbinati al pesce, ma anche per accompagnare l’intero pasto. E molti produttori che neanche tanto tempo fa avevano rimodernato la vigna preferendo uve a bacca rossa, cominciano a chiedersi se la scelta sia stata davvero quella giusta. «Fra qualche anno c’è il rischio che ci sia carenza di bianchi», avverte Franco Giacosa, l’enologo che ha firmato i vini d’eccellenza di Zonin. Così, qualcuno sta correndo ai ripari: in Maremma c’è chi ha ripreso a proporre il Vermentino, mentre cantine famose hanno cominciato ad investire nella creazione di nuovi «Superbianchi». Magari cercando alleanze con aziende vocate, come hanno fatto i marchesi Frescobaldi con la friulana Attems per la produzione del loro «Cicinis».
Il boom è iniziato un paio di anni fa negli Stati Uniti, e presto si è esteso ad altri Paesi. «Nel 2002 le nostre esportazioni di vini bianchi sono cresciute del 18%», conferma Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi. E adesso la tendenza comincia ad affermarsi anche da noi. Solo una moda? Certo è che l’argomento - insieme ai timori per l' escalation dei prezzi e alla definitiva consacrazione dei vitigni autoctoni - è stato fra i più dibattuti durante la 37ª edizione di Vinitaly, la rassegna che si concluderà domani a Verona.
«I bianchi vanno perché sono una proposta nuova», dice Ornella Venica, produttrice di un tocai («Ronco delle Cime») e di un sauvignon («Ronco delle Mele») fra quelli al top del made in Italy. Una proposta diversa dal passato, però. «La ripresa tocca soprattutto le etichette di alto profilo, le bottiglie di grande personalità», dice Michele Bernetti, patron della marchigiana Umani Ronchi. «Niente a che vedere con i "bianchi bianchi" di una volta, senza personalità», interviene Alessio Planeta, azienda siciliana molto amata da Wine Spectator , l’autorevole rivista Usa. Insiste Giacosa: «Un tempo Soave e Gambellara erano solo vini da banco, oggi si trovano etichette di grande qualità». «I bianchi sono migliorati - conferma Venica -. Adesso si usa il legno, si ricorre alla sovrammaturazione, si lavora di più in cantina» Risultato: vini più strutturati che il consumatore sembra apprezzare.
A dare una marcia in più ai bianchi italiani è stata anche la definitiva affermazione dei vitigni autoctoni: dal Tocai, al Timorasso, al Greco, al Fiano. «L’anno scorso le vendite di Verdicchio dell’Umani Ronchi sono cresciute del 10% - dice Bernetti -, in Svezia è diventato di moda tra i giovani».
E i prezzi? «Anche questi contano - risponde Planeta -. Il mercato sta punendo i vini a costo troppo alto, aprendo spazio ai bianchi». Wine Spectator ha premiato con 90 punti «La Segreta» (grecanico e altre varietà internazionali) un’etichetta della casa siciliana: costa 5 euro in cantina e 7-8 in enoteca. Chi l’ha detto che la qualità deve per forza essere cara?

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