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Corriere Della Sera

La Barbera minaccia il trono del Barolo. Euro forte e prezzi troppo alti stanno spingendo i consumatori verso bottiglie meno care. Sorpasso delle vendite negli Usa. Ma la crisi è anche in Italia ... La dieta mediterranea, vanto del made in Italy subisce contraccolpi in America a causa del supereuro: soffrono pasta, olio ma anche vino. Il Barolo per esempio. Scavalcato da bottiglie meno costose e comunque godibili come Dolcetto, Nebbiolo e soprattutto Barbera. Supervalutazione e sette annate favorevoli hanno portato a un distacco dalla realtà, e lo stoccaggio di invenduto ha raggiunto alte quantità anche in Langa. «Certi produttori hanno venduto poesia sino a ieri e oggi siamo alla crisi di identità», spiega senza mezzi termini Giovanni Seia, agente della Marchesi di Barolo. I ristoratori americani, costretti a rincari del 40%, hanno subito un autentico blocco nelle richieste del cru italiano per eccellenza. «Terminano le scorte - ammette Elio Altare, produttore di La Morra - e non comprano. Personalmente non forzo le vendite». Non vanno meglio i californiani, Mondavi in testa, ma è una magra consolazione, così come i francesi. Lo scenario si affida a bottiglie il cui costo ruota intorno ai 35-70 euro e per questo ci sono i vini australiani e cileni. Oppure la Barbera. «I vini costosi soffrono, è vero. Gli echi del post-guerra, la crisi stessa, attaccano il sistema», ammette Michele Chiarlo, produttore di Calamandrana, nel Monferrato, impegnato dal 1977 a far conoscere la Barbera in America con una etichetta, il Granduca, che ora non c'è più. Una strada lunga oltre vent'anni, ma che ha premiato la tenacia: dalle 1.500 casse di partenza alle 25 mila attuali. «Nei primi quattro mesi dell'anno l'aumento sfiora il 30%, Barbera è la parola d'ordine del momento, il Barolo perde anche punte del 5», spiega Chiarlo, che ha registrato un calo del 10% sui cru Cerequio e Cannubi. Un campanello d'allarme che chiede riflessione e non esclude i grandi Bruno Giocosa, Aldo Conterno, Vietti, Mascarello, Gaja. Eppure l'America, nonostante un dollaro così così, guarda con attenzione ai mutamenti. Il recente «Wine Spectator tour » a Los Angeles ha registrato punte di 400 degustazioni in tre ore. «Non credo - spiega Chiarlo - che il cliente che beve Barolo abbandoni in favore della Barbera, tuttavia questo cambiamento in atto richiede delle considerazioni». L'esasperazione dei prezzi parte da lontano, quando dal 1994 al 1998 il costo delle uve subì aumenti del 400%. «Questo si paga adesso», riconoscono in molti. Un'illusione da mezzo miracolo all'italiana che favorì la nascita di nuovi produttori in Langa, oggi in crisi di identità per mancanza di esperienza e scarsa conoscenza del mercato stesso. «C'è chi sta peggio - sostiene Marco De Grazia, broker ed esportatore negli States - E' crisi nera per il Barolo in Germania, e Giappone. Ben venga una salutare scrematura: dopo gli eccessi strafottenti, il mercato è alla ricerca di nuovi equilibri». A cominciare da una opportuna riduzione dei prezzi.

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