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Corriere Della Sera

Bere bene (e risparmiando): ritornano le mezze bottiglie. Sempre più richieste, ora le adottano anche le grandi case. Già diffusissime in Francia e in America. «Meno cari i conti al ristorante» ... Bere bene. Bere poco. È questa l'ultima tendenza dei 6,5 milioni di eno-appassionati italiani protagonisti del grande mercato dei vini di qualità. Scegliere etichette di livello e moderare consumi e spesa: una scelta che da due anni si scontra con i listini in vertiginosa ascesa dei migliori cru. Sono pochi, infatti, fra gli oltre 300 vini eccellenti premiati dalle grandi guide, quelli con prezzi inferiori ai 20 euro. Bere bene costa. Spesso una bottiglia vale un pranzo. Bere poco è difficile: il rimedio più semplice al caro-vini, l'acquisto e il consumo della mezza bottiglia, è ancora poco accessibile agli italiani. A differenza di quanto accade in Francia, dove le mezze bordolesi (per l' esattezza contengono 375 ml) sono imbottigliate da ogni grande azienda fin dagli Anni '50, in Italia la maggior parte dei produttori non le usa. Anzi, molti le osteggiano. Eppure qualcosa si muove. «Grandi case vitivinicole cominciano a scegliere la mezza: sono ancora poche - spiega Paolo Lauciani, winewriter di Bibenda, rivista letta da 15 mila fra sommelier ed esperti - ma è un segnale, perché il formato ormai attira moltissimo. Se si vogliono rilanciare i consumi con questi listini, il futuro è nella bottiglia da 375, almeno al ristorante, dove l'impatto dei prezzi incide di più». Al Salone del Vino di Torino, in programma dal 16 al 19 novembre, ci saranno alcune sorprese: Castello Banfi porterà le nuove mezze di Centine, rosso toscano; Franco e Marco Scrimaglio il loro Barbera mini; Michele Chiarlo Barbera e Moscato; Moscato da 375 anche dalla Claudrina di Romano Dogliotti; altre novità da Fontanafredda. Bere poco e bere meglio è una regola. Specie se si è a tavola in due e si cerca un bianco da abbinare a un primo di pesce e un rosso per il secondo di carne. I francesi lo sanno, gli americani li hanno copiati: non c' è ristorante Usa, anche dei più raffinati e costosi, che non abbia una discreta scelta di vini in mezza bottiglia. Nel Belpaese, patria di grandi vini, invece, sono davvero pochi i ristoranti che le propongono. «Colpa dei produttori italiani che non capiscono i nostri problemi, ma anche di tanti colleghi», interviene Roberto Marchetti, titolare di Al Bric, ristorante romano che ha in carta la più grande collezione di minibottiglie di tutta Italia: 140 etichette di pregio, dal Barbera di Monferrato La Monella (9,50 euro), ai Mouton-Rothschild ' 96 (175 euro) a rarità come il Pétrus (600 euro!). Solo Enoteca Pinchiorri di Firenze ha un listino di mezze di poco inferiore. «Per la maggior parte sono francesi - spiega Marchetti -, eppure ci vorrebbe un' analoga produzione delle aziende italiane: con l' aumento dei prezzi il consumo pro capite è andato a picco». Se aziende come Angelo Gaia, Castello Banfi (50 mila mezze di Brunello di Montalcino), Arnaldo Caprai (15 mila mini di Rosso di Montefalco, 5 mila di Sagrantino) o Castello di Fonterutoli (griffe del Chianti Classico) hanno adottato in tempi relativamente recenti la 375 millilitri, ci sono produttori come l'umbro Lungarotti che le mezze le imbottigliano dagli Anni '60. «Le abbiamo sempre prodotte per consentire al cliente un approccio meno impegnativo, sia economico sia di quantità, rispetto alla bottiglia tradizionale - spiega Chiara Lungarotti, amministratrice dell'azienda di Torgiano - e oggi la nostra scelta incontra la moda che rilancia la mezza al ristorante». Restano i dubbi di altri produttori, che nicchiano. «È vero, la tendenza si è invertita - interviene un blasonato viticoltore piemontese - ma io resto contrario: la mezza accelera l' evoluzione del vino che invecchiando così si può rovinare». Un rischio effettivo (anche se certe francesi reggono bene i 40 anni), ma limitato. Anche perché le mini restano sempre meno tempo in cantina. La disputa resta aperta, mentre gli eno-appassionati vanno a caccia di ristoranti ed enoteche con le piccole bottiglie. Chi ancora resiste alle mezze, propone un' alternativa: la mescita al bicchiere. Frequente nelle enoteche, è poco praticata dai ristoranti che temono di dover buttare «avanzi» di bottiglie preziose (dai 50-60 euro in su) a causa della rapida ossidazione. Un problema risolto da un macchinario che conserva i vini aperti sotto azoto o altro gas inerte. Il wine bar Bibendi, alla stazione Termini di Roma, propone così ben 105 etichette in degustazione simultanea: a prezzi dai 60 centesimi ai 26 euro a bicchiere. (arretrato del "Corriere dela Sera" dell'8 novembre 2003)

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