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Corriere Della Sera

Brunello e Amarone, licenza di copiare: si teme una modifica al regolamento sulla protezione dei marchi. Ma Bruxelles rassicura. I nomi di alcuni vini italiani potrebbero essere usati dai Paesi extra Ue ... Si legge «Brunello», ma è imbottigliato in Argentina; si chiama «Recioto», ma arriva dal Cile; si stappa come «Amarone», ma viene confezionato in Sud Africa. L’allarme lo ha lanciato ieri la Coldiretti che si è fatta portavoce delle preoccupazioni dei produttori italiani. Il timore è di perdere l’esclusiva su 17 grandi «etichette» conosciute e, soprattutto, commercializzate in tutti i mercati del mondo. Nelle prossime due-tre settimane la Commissione europea dovrebbe rivedere il regolamento sulla protezione di circa un centinaio di «marchi». Le nuove norme entrano in vigore oggi 1 febbraio, ma c’è ancora tempo per limare, o meglio tagliare la lista dei vini coperti da piena tutela europea (denominazione, designazione, provenienza). Mercoledì 28 gennaio l’esecutivo di Bruxelles ha presentato il progetto di ridimensionamento al Comitato tecnico di gestione vini, uno degli organismi in cui siedono i rappresentanti dei diversi governi. La proposta: cambiare le regole per le etichette doc, compresi 17 nomi italiani. La riunione del Comitato tecnico è stata piuttosto animata. Contro l’iniziativa della Commissione si sono schierati tutti i Paesi mediterranei, cioè Italia, Francia, Grecia, Spagna e Portogallo. Un fronte insufficiente, però, per bocciare il nuovo regolamento. Ora l’esecutivo di Bruxelles non ha più ostacoli procedurali, nei prossimi giorni potrà adottare le norme, compreso quello che un portavoce definisce l’«ammorbidimento» dei vincoli sulle etichette. L’elenco italiano comprende: «Amarone», «Cannellino», «Brunello», «Est!Est!Est!», «Falerno», «Governo all’uso Toscano», «Gutturnio», «Lacrima Christi», «Lambiccato», «Morellino», «Recioto», «Sciacchetrà», «Sforzato», «Torcolato», «Vergine», «Vino Nobile» e «Vin Santo». Insomma un bel campione di vini, tra vecchie firme (come «Amarone» o «Recioto») e nomi emergenti («Morellino» o «Falerno»). Ciò significa, secondo l’interpretazione allarmata dei produttori, che tutti questi marchi potrebbero finire, senza alcuna sanzione, su bottiglie provenienti dalle più diverse aree geografiche della terra. Dall’Argentina al Sud Africa; dal Cile all’Australia; dagli Stati Uniti alla Nuova Zelanda. Secondo la Coldiretti, l’intervento di Bruxelles «sarebbe un regalo alla "vinopirateria" internazionale che già colpisce pesantemente le produzioni italiane di vino doc». In realtà la Commissione, riferiscono dagli uffici di Bruxelles, vuole semplicemente evitare di essere trascinata in una causa colossale davanti al Wto (l’Organizzazione mondiale del commercio). I governi di Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Cile e altri hanno già preparato le carte. Tutti accusano l’Unione Europea di «protezionismo», in particolare nel settore alimentare e vinicolo. Gli esperti della Commissione pensano che, senza modifiche alle norme in vigore, sarebbe difficile scansare le sanzioni del «Wto». E allora a Bruxelles è maturata l’idea di lanciare «un segnale distensivo», alleggerendo gli obblighi sulle importazioni di vini dai Paesi «extra Ue». Il progetto coinvolge circa un centinaio di etichette, tra le quali, appunto il «Brunello» e gli altri 16 italiani. Dalla Commissione fanno osservare che, in ogni caso, i marchi europei non saranno lasciati «senza alcuna tutela». L’Italia conta 427 etichette pregiate che coprono il 60% della produzione totale. Il vino è la principale voce delle esportazioni alimentari, con un valore di oltre 2,5 miliardi di euro.

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