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Corriere Della Sera

Vino, l’Ue autorizza i cloni stranieri. Produttori in rivolta. Potranno essere venduti il Brunello argentino o l’Amarone sudafricano. «Ci sarà l’invasione dei falsi in bottiglia». Il ministro Alemanno: «Un pessimo segnale che potrebbe compromettere il negoziato sulla protezione delle denominazioni d’origine» ... Via libera alla licenza di copiare. Brunello argentino, Amarone sudafricano e Recioto made in Usa, potrebbero caratterizzare, a breve, la cantina del falso made in Italy. Largo dunque ai «pirati del gusto, pronti a ingannare la tavola dei consumatori nel mercato globale». Così almeno la pensa la Coldiretti a poche ore dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Comunità europea, del regolamento che «liberalizza, a determinate condizioni, l'uso internazionale di 17 menzioni tradizionali riservate a prestigiosi vini italiani». Alle proteste dei produttori e del mondo del vino per tutelare l’esclusiva delle 17 grandi etichette non ha fatto seguito un cambio di rotta da Bruxelles. Un dispositivo, secondo Gianni Alemanno, ministro per le Politiche agricole, che «non preoccupa tanto per il contenuto quanto per il cattivo segnale» che invia nel contesto del negoziato internazionale, in corso, sulla protezione delle denominazioni d’origine. Durante il Consiglio, Alemanno ha criticato il commissario europeo all’Agricoltura, Franz Fischler, per la decisione, adottata dalla Commissione nonostante avesse raccolto soltanto 47 voti a favore contro 40 contrari nel comitato Ue sui vini. . Il commissario, a sua volta, ha giustificato la misura di «apertura» sulle menzioni tradizionali con il timore che alcuni paesi terzi ricorressero all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), chiedendo un panel di arbitrato contro la legislazione europea che protegge le denominazioni d’origine. In qualche modo Fischler ha tranquillizzato il ministro italiano sostenendo che «è pari allo zero la possibilità che qualunque paese terzo possa usare il termine Brunello». Tra i «paletti» fissati dalla Ue, i Paesi extracomunitari che volessero porre sull'etichetta dei propri vini una menzione tradizionale (tipo Brunello) basterà rispettare alcuni vincoli: dimostrarne, per esempio, l’uso da almeno 10 anni e che goda di una solida fama all'interno del paese che ne fa domanda.
Il nuovo regolamento per la Confederazione italiana agricoltori «apre nuovi fronti alle contraffazioni». Secondo Ezio Rivella, presidente dell’Unione italiana vini: «Si tratta di un gravissimo attacco al vino made in Italy. L'unica via d'uscita è depositare le menzioni come marchi d'impresa, una soluzione già adottata dal Brunello di Montalcino, registrato da anni come marchio in molti Paesi, tra cui Stati Uniti, Canada e Giappone. Il rischio è che in Australia, Nuova Zelanda o Stati Uniti vengano prodotti cloni a buon mercato delle nostre migliori denominazioni».

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