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Corriere Della Sera

Rosso italiano, ecco il vino prodotto da Bob Dylan: la rockstar si allea con il marchigiano Antonio Terni, nasce l’etichetta «Planet waves» ... La notizia è bella: Bob Dylan ha deciso di occuparsi di vini italiani. Ma la storia di questa notizia è ancora più bella, è tre volte bella. Perché una delle più grandi rock star del mondo firma un'etichetta italiana. Perché un lungo sogno, uno di quei sogni che solo i fan sanno sognare, si è realizzato. Perché alla vigilia di Vinitaly, è bene brindare a Dylan e a quelli come lui che riconoscono nel nostro vino, in un momento in cui il settore non se la passa tanto bene, una delle espressioni più alte della cultura. In Italia, è noto, ci sono due fan eccellenti di Bob Dylan: Carlo Feltrinelli e Antonio Terni. I due non si perdono un solo concerto europeo, possiedono tutti i dischi ufficiali, tutti i bootleg , tutti i dischi collettivi, tutte le poesie e le prose di Mr Tambourine. Uno produce libri (anche di e su Dylan) e l'altro vino, nell'Anconetano. Tre anni fa, un suo Rosso Conero, «Visions of J.», ha ottenuto da Slow Food i tre bicchieri, il riconoscimento più alto. «Visions of J.» sta per «Visions of Johanna» una canzone di Dylan tratta dall'album «Blonde on Blonde» del 1966. Ne La voce di Bob Dylan (edito da Feltrinelli), un'intensa e appassionata biografia intellettuale, Alessandro Carrera spiega come «Visions of Johanna» sia un esempio di poesia al tempo dei mass media, suscitatrice di «paesaggi verbali che prima di lui si osava affidare solo alla pratica della scrittura silenziosa». Per anni e anni, il produttore di vini segue Bob Dylan in giro per il mondo, senza mai presentarsi, senza mai sperare di incontrarlo: così, per puro amore. Gli anni passano e i tentativi di farsi notare diventavano sempre più impacciati e patetici (ogni volta in prima fila, lancio di cappelli leopardati, un inseguimento in autostrada) fino a che un giorno il Nostro conosce il batterista di Dylan e, in occasione di un concerto a Milano, gli regala alcune bottiglie. La cosa sembra finita lì, con un doveroso omaggio. Invece qualche giorno dopo, come nelle fiabe, un messaggero-manager gli consegna il seguente biglietto: «Bob Dylan mi ha chiesto di entrare in contatto con te. Ci interessa quell'idea di creare un vino insieme ma vorremmo saperne di più ...». Naturalmente il fan si dichiara immediatamente felice di mettersi a disposizione del suo idolo e dopo mesi di frenetiche e segretissime trattative nasce una specie di joint venture il cui risultato finale è un vino che ricorda molto le canzoni di Dylan, non solo nel nome «Planet Waves» (un disco del 1974) ma anche nella sostanza (un misterioso incontro fra la severità del montepulciano e la morbidezza del merlot). Il retro dell'etichetta reca un singolare testo, composto per la quasi totalità da citazioni dylaniane, in cui si celebra la filosofia dell'incontro: «Cosa ha spinto due uomini, da angoli opposti del mondo, a mettere i loro nomi su una bottiglia di vino rosso italiano? Destino? Fato? Coincidenze? Planet waves ». Sì, perché solo quando le onde che scuotono questo pianeta s'incontrano e s'accavallano possono succedere cose inaspettate.
Da questa piccola, chimerica storia c'è da augurarsi tragga vantaggio tutto il settore vitivinicolo che, come dicevamo prima, sta vivendo un periodo storto e il 1 aprile si raduna a Verona per cercare di superare la crisi: con un export che è calato del 16%, con una concorrenza australiana e cilena che si fa sempre più temibile, con una scarsa capacità di incidere sui mercati internazionali. Come si fa a uscire dalla congiuntura negativa? Le mode soffiano dove vogliono, però «the answer is blowin' in the wind». La risposta sta soffiando nel vento.

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