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Corriere Della Sera

L’Organizzazione Mondiale della Sanità contro il vino ... Vuoi un bicchierino? Domanda lecita, anzi, cortesia d’obbligo nella nostra cultura. Nessuno pensa di mettere a repentaglio la salute altrui con un’offerta del genere. Ma il terreno della cortesia diventa scivoloso se si ragiona in termini di tasso alcolico: il drink in Italia corrisponde a 12 grammi di alcol, in Gran Bretagna a 8, negli Stati Uniti a 14, in Giappone a oltre 19. Paese che vai etanolo che trovi, insomma. Una variabilità che fa capire la pericolosa approssimazione di quel «il vino fa buon sangue» che recitava un vecchio proverbio. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’insidia per la salute sta proprio nell’ambiguità dell’invito alla moderazione che, impreciso in termini di dosi, finisce per enfatizzare i lati positivi dell’alcol allontanando l’idea del danno. Le prove a favore
Qualche anno fa un programma televisivo americano, Sessanta Minuti, dedicò alcune puntate ai benefici di un consumo moderato di alcolici; nel mese successivo le vendite di vino aumentarono del 40% in tutti gli Stati Uniti. Ma da dove è scaturita l’idea dell’effetto benefico del vino a piccole dosi? Una base scientifica c’è, in realtà. Le ricerche hanno dimostrato che per gli uomini dai 45 anni in su e per le donne oltre i cinquanta, bere due o tre bicchieri di vino al giorno (circa 30 grammi di etanolo) riduce il rischio di infarto del 20-30%. Il perché non è ancora chiaro: alcuni studi hanno messo in evidenza la capacità del vino di alzare il colesterolo "buono", altre l’azione dilatante sulle arterie.

I danni certi

«Che bere faccia bene alla persone giovani è tutto da dimostrare; è certo, invece, che l’alcol aumenta il rischio di incidenti alla guida, ha un effetto tossico diretto sul fegato, è coinvolto nella comparsa di diversi tumori, altera i processi di memorizzazione» sottolinea il Report dell’Oms. Gli effetti cancerogeni dell’alcol, pur ben documentati sulla laringe, l’esofago, il fegato, il seno e il colon, sono rimasti nell’ombra da quando si è scoperto che nella buccia dell’uva nera (quindi, nel vino rosso) è presente il resveratrolo. La rivista Science nel 1997 ne ha "consacrato" l’azione antitumorale, ma lo studio era sul topo; per l’uomo il beneficio è per ora ipotetico. Ciononostante questa notizia, come altre, ha contribuito ad alimentare la certezza che il vino sia salutare. Mica tanto: solo in Italia 40.000 persone muoiono ogni anno in seguito a malattie dovute all’abuso di alcol, compresi gli incidenti stradali, e un milione sono alcolisti cronici (dati Istat).
Il Report dell’Oms, mentre sottolinea il fallimento del messaggio «bere poco fa bene», chiede misure forti per limitare il consumo: ridurre la pubblicità degli alcolici e alzarne il prezzo, come si è fatto con le sigarette. Che il costo della bottiglia abbia il suo peso è dimostrato da ricerche condotte in Inghilterra e da quanto avvenne in Russia nel 1985 quando Mikhail Gorbaciov dichiarò guerra alla produzione illegale di alcolici: il numero di decessi correlati all’abuso nei cinque anni successivi calò dell’11%. Da noi la legge quadro sull’alcol del marzo 2001 ha proibito la vendita di superalcolici in autostrada dalla 22 alle 6 del mattino e la pubblicità radiotelevisiva nella fascia oraria 16-19.

Una campagna "forte"

Ma quella che ora invoca l’Oms è una guerra al vino, destinata ad incontrare la granitica resistenza di un’industria più che fiorente. «Le campagne di penalizzazione di certi costumi in nome della salute mi lasciano perplessa - commenta Nerina Dirindin, docente di economia sanitaria all’Università di Torino - perché finiscono, come è successo col fumo, per colpevolizzare il singolo. Un braccio di ferro con l’industria non è possibile; bisogna piuttosto lavorare d’intesa con quest’ultima per promuovere una campagna d’informazione precisa sul consumo moderato. I limiti oltre i quali si mette a rischio la salute non sono chiari? Vediamo di chiarirli».

La consapevolezza

Ma può esserci davvero un ruolo dell’industria nella prevenzione? «Credo di sì - risponde Riccardo Gatti, Direttore del Dipartimento per le dipendenze dell’Asl di Milano - Oggi in ambito commerciale si comincia ad essere consapevoli che il mercato dello "sballo" e dell’alterazione mentale non paga. Chi si ubriaca provoca danni a sè e agli altri, non è un buon testimonial dei prodotti che usa. L’industria si sta accorgendo che i clienti sono una risorsa fondamentale del mercato e lo sono ancora di più se si conservano in buona salute». Sarà questa new economy della consapevolezza il punto d’incontro fra gli intenti dell’Oms e gli interessi dell’industria.

Alcol, il paradosso italiano

N el mondo della medicina fa discutere da anni quello che viene chiamato il "paradosso francese". Di che cosa si tratta? Del fatto che i nostri cugini d'Oltralpe consumano un sacco di burro e grassi animali, almeno quanto i tedeschi o gli inglesi, ma non ne pagano le conseguenze, in termini di malattie cardiovascolari. Costituiscono un'eccezione, insomma, a una regola praticamente universale che vede una correlazione tra grassi alimentari e arterie ostruite. La spiegazione del paradosso che trova maggior credito (ma non è mai stata provata) è il fatto che i francesi sono grandi consumatori di vino rosso, che sarebbe quindi l'inatteso protettore delle arterie, con soddisfazione di gourmet, sommelier ed esportatori di vino. Il problema è che il buon vecchio bicchiere di vino, che anche noi italiani siamo disposti a difendere, è da sempre al centro di polemiche, ora rinfocolate dalla presa di posizione "proibizionista" dell'Organizzazione Mondiale della sanità, di cui si parla nell'articolo della pagina accanto. Notizie e ricerche contraddittorie ci dicono ora che fa bene, ora che è l'anticamera dell'inferno. Per alcuni un po’ di vino, in linea con la nostra storia e la nostra cultura, non può essere certo un danno, per altri non si deve tollerare (e promuovere) la "dose moderata" di alcol, che è sempre e comunque dannoso. Ci sono però dei dati di fatto di cui tener conto: le malattie e gli incidenti correlati all'alcol sono la terza causa di morte (dati OMS) in Europa e sono la prima tra i giovani (soprattutto a causa degli incidenti stradali). Pur essendo quindi anche noi culturalmente benevoli con il bicchiere di vino, non possiamo non rilevare la contraddittorietà della nostre leggi nei confronti dell'alcol. E' quello che potremmo chiamare il paradosso italiano. L'alcolismo viene definito una priorità dal ministero della Salute, ma la normativa è molto molto blanda, soprattutto se confrontata con quella giustamente severa sul fumo. Non possiamo guardare un pacchetto di sigarette senza essere ammoniti, ma in compenso possiamo sorbirci decine di spot Tv di bevande alcoliche, che sono vendute dappertutto e a prezzi tra i più bassi d’Europa. Addirittura ridicola è la norma che vieta la vendita di alcolici negli autogrill soltanto di notte. Un grappino in autostrada a mezzogiorno va quindi bene? Le leggi sulla vendita ai minori sono spesso disattese, il "palloncino" è ancora poco applicato. La storia ci ha insegnato che il proibizionismo contro l’alcol non funziona. Ma evitiamone almeno la promozione.

Dove il "rosso" fa buon sangue: il paradosso francese

Uno dei fenomeni che più ha contribuito al messaggio bere con moderazione fa bene, è il cosiddetto "paradosso francese". Tutto cominciò negli anni Ottanta dalla scoperta che fra i francesi, grandi consumatori di grassi animali (burro anzitutto), la mortalità per malattie di cuore era sensibilmente più bassa rispetto agli abitanti degli altri Paesi europei e degli Stati Uniti. La chiave di lettura di questa apparente contraddizione fu individuata nell’elevato consumo di vino rosso; cominciò così la corsa a scoprire quale magico fattore terapeutico si nascondesse nel calice del Bordeaux.
Tante le sostanze individuate: flavonoidi e tannini con il loro benefico effetto antiossidante, fino al resveratrolo, che oltre a proteggere dai tumori, svolgerebbe una marcata azione a favore del colesterolo "buono", capace di tenere pulite le arterie. Uno studio recente ha rivelato che i polifenoli contenuti nell’estratto di vino rosso bloccano, addirittura, la produzione di endotelina-1, un potente vasocostrittore.
La questione non è ancora risolta, comunque: il ruolo centrale del vino nella salute dei francesi è contestato da altri ricercatori che sostengono l’origine genetica di questa parziale immunità alle malattie cardiache. (arretrato del "Corriere della Sera - Salute" del 18 aprile 2004)

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