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Corriere Della Sera

Il vino batte la Borsa. Parola di Mediobanca...Volete investire in borsa? Puntate sul vino. Lo dice senza il dubbio il nuovo indice mondiale del settore vinicolo elaborato dall’ufficio studio di Mediobanca, che comprende i titoli delle 48 superbig del settore dall’inizio del 2001 al giugno 2004 ha guadagnato il 16,9%, mentre i listini nazionali dove sono quotate le aziende hanno perso in media il 19,4%.
Vino e investimento si sposano bene, dunque. Mediobanca, che segue da anni il settore e ha studiato prodotti finanziari da hoc, ha presentato il nuovo paniere internazionale ieri a Firenze, tracciando anzitutto una fotografia da business vinicolo mondiale. Gabriele Barbaresco dell’ufficio studi dell’istituto ha così spiegato che dall’universo dei titoli quotati è stato ricavato un campione di 48 azioni rappresentative di 42 emittenti e 12 Paesi». Nel quale non è presente l’Italia: nel nostro Paese il settore, pur forte sotto il profilo industriale con un fatturato di circa 9 miliardi, non può vantare aziende quotate in borsa.
Nel nuovo indice figurano società con una capitalizzazione complessiva di oltre 14 miliardi, un peso all’interno dei listini ancora marginale (i paesi in cui le aziende vinicole «pesano» di più sono l’Australia e il Cile, dove la percentuale raggiunta l’1,5%) e una buona apertura delle società di mercato (Flottante reale pari al 62%). Se in media, negli anni presi in considerazione, il paniere ha guadagnato in valuta locale il 16,9%, i rendimenti nei singoli .listini sono molto diversi. Così il vino surclassa l’indice nazionale in Canada (+1,49% contro 2,6%), negli Stati Uniti (+88% e -14,5%), e in Spagna (+7,3% e -13,9%). Ottiene poi risultati migliori in Francia (-4% e -35,5%) e Cile (+42,1% e +39,7%). E’ invece in controtendenza in Australia, le aziende vinicole registrano un calo del 9,4%.
Un risultato tanto più significativo se si pensa che proprio l’Australia ha il maggior peso nell’indice mondiale, con giganti come Fosters e Southeorp raggiunge infatti il 55% contro il 20% degli Usa (Constellation e Mondovì) e l’8% del Cile (Conchatoro). Nel paniere hanno poi un rilievo significativo Spagna, Cina, Francia e Canada (ciascuna con il 3%, mentre gli altri produttori sudafricani, greci, tedeschi, inglesi) raggiungono in tutto il 5%. Peccato per il made in Italy. Un’assenza probabilmente immeritata. Ma si sa, la Borsa non attira molti nostri imprenditori.

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