02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Corriere Della Sera

L’Ilva di Saronno alla conquista del vino cinese. Lettera d’intenti per rilevare il 33% del gruppo della Changyu Wine, il primo produttore di Pechino ... La gara per convincere i cinesi a bere vino sta per fare un salto di qualità. Il maggior produttore vinicolo dell’Impero di mezzo - e di tutta l’Asia - ha messo in vendita la maggioranza di controllo e, al momento, un’azienda italiana è nella posizione di vantaggio per comprarla. Secondo più di una fonte in Cina, la Ilva Saronno - la società che produce l’Amaretto - avrebbe infatti firmato in dicembre una lettera d’intenti per il 33% della Changyu Wine, società vecchia di 113 anni, pioniera della vinificazione in Oriente, che produce un quinto del consumo di vino cinese. Prezzo, 400 milioni di yuan, circa 37 milioni di euro. L’operazione non è conclusa e alla Ilva non confermano le trattative: ieri, però, i rappresentanti del gruppo di Yantai, nella provincia orientale di Shandong, avrebbero incontrato in Italia i vertici dell’azienda di Saronno. Come tutti gli affari cinesi, d’altra parte, anche la cessione del gruppo Changyu ha caratteristiche tutte sue. Dopo aver firmato la lettera d’intenti, per esempio, un funzionario da Yantai ha sostenuto che «si tratta solo di un intento, molti dettagli sono ancora in discussione. Le azioni potrebbero ancora essere trasferite a una delle molte società estere che hanno avuto contatti con Changyu negli scorsi due anni». Ci sono buone probabilità, dunque, che la vendita si trasformi in una gara, con il gruppo francese Castel, numero due al mondo nel settore, in posizione aggressiva, avendo già in essere una joint-venture con Changyu.

Anche le modalità della cessione sono curiose. Il Changyu Group è quotato a Hong Kong e a Shangai e, da quello che si capisce, la Commissione pubblica di supervisione e amministrazione delle proprietà di Yantai avrebbe trasferito il 45% delle sue azioni ai dirigenti del gruppo attraverso un management buyout e sarebbe rimasta con un 10%. Il 45% posseduto dal management sarebbe ora venduto in due tranche: una del 33%, di controllo, a un partner industriale e un’altra del 10-12% probabilmente a un gruppo di private equity.

«Nel settore, il marchio è in assoluto il più prestigioso della Cina - dice da Shangai Romeo Orlandi, esperto del mercato vinicolo, vicepresidente dell’italiano Osservatorio Asia -. Con l’introduzione di procedure di vinificazione e di tecnologie moderne, le potenzialità del gruppo sono alte. In più, chi compra si porta a casa un pezzo di storia cinese e una rete distributiva forte in un mercato che ha prospettive di sviluppo enormi. Basti pensare che i cinesi bevono in media 0,3 litri di vino all’anno, per lo più dolce e rosso, colore della fortuna e della bellezza: per quanto i loro gusti siano diversi dai nostri, lo spazio di crescita è immenso, non dico per arrivare ai 52 litri italiani, ma almeno ai 7,5 della media mondiale». Tra il 1994 e il 2000, il consumo cinese di vino è infatti cresciuto del 62% e continua a salire del 10% l’anno: nel 2003, le vendite sono arrivate a 410 milioni di dollari. Lo stesso anno, il Changyu Wine Group ha prodotto centomila tonnellate di vino.

Siamo di fronte, insomma, a un mercato che sta diventando molto attraente. Dynasty Fine Wines, una joint venture tra la francese Remy Cointreau e una società pubblica di Tianjin, ha per esempio appena annunciato l’intenzione di raccogliere sui mercati internazionali quasi 40 milioni di euro per espandersi in Cina ed Europa.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su