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Corriere Della Sera

Enoterroristi in azione. Più aiuti ai vignaioli. Dinamite contro il governo francese: Ci deve sostenere ... Il casello autostradale di Bessans assaltato e saccheggiato. Bombe esplose davanti a negozi della catena Grands Chas de France a Servian, accompagnate dalla scritta “ultimo avvertimento”. Un tentato attacco alla Prefettura di Montpellier. Blocchi stradali per dirottare e svuotare camion di vini stranieri. L’irruzione di un commando mascherato nel Bureau de la viteculture alla Dogana di Carcassone. E da ultimo, l’altro ieri due assalti coordinati all’alba, lanci di candelotti di dinamite contro gli uffici del Ministero dell’Agricoltura francese a Montpellier e Carcassonne. Danni ingenti ma nessun ferito. Quasi in contemporanea, un’auto veniva incendiata davanti ai locali dello stesso ministero a Nimes. E’ il bollettino della nuova «Guerra del vino» che alcuni viticoltori radicali guidano nella regione francese del Languedoc-Rousillon, tra Camangue e confine spagnolo.

Gli «enoterroristi» - come li hanno già ribattezzati - sono la frangia estrema di una durissima contestazione che in questa bellissima regione della Francia del Sud, ai piedi dei Pirenei, coinvolge i viticoltori da un paio di anni. Da quando la crisi del mercato del vino ha preso ad influire duramente sui bilanci delle piccole e medie aziende. E sulle vendite. Parallelamente al crollo delle esportazioni anche il 2004 registra il meno 10% dopo 5 anni di perdite cresce la rabbia dei viticoltori. Che si esprime per lo più in manifestazioni e proteste legali. Ma anche in un movimento organizzato di lotta armata (con uso di esplosivi) che si è autobattezzato Crav, Comitato regionale di azione vinicola.

Qualche settimana fa sono comparse le prime rivendicazioni firmate a bombolette spray sui muri degli obiettivi colpiti. Sabato è giunta una telefonata degli enoterroristi all’agenzia francese France Presse. Simili azioni non possono che portare ulteriori guai al mercato del vino, taglia corto Christian Dufour direttore degli uffici danneggiati. Mentre da Parigi il Ministro dell’Agricoltura Dominique Bussereau minimizza: «Si tratta di pochi individui isolati». Ma ammette: «Stanno seriamente danneggiando l’immagine della nostra industria del vino». Anche le principali associazioni di viticoltori condannano gli attacchi degli enoterroristi. Ma il fronte della protesta si allarga. Presto potrebbe infiammare Bordeaux e Borgogna.

I viticoltori in difficoltà del Languedoc - la linguadoca dei poeti trovatori franco-provenzali, terra di vite fino dai tempi dei Galli - chiedono al governo di rivedere la politica di aiuti: pochi i 70 milioni di euro stanziati, 20 dei quali a sostegno dei vignieruoli e 3 per sussidi all’export. Per gli enoterroristi, il governo non fa niente per aiutare i viticoltori. Alla crisi internazionale - che vede i vini Usa, Australia, Cile e anche Italia guadagnare crescenti quote commerciali - si è aggiunta quella dei consumi interni, cosicché la sovrapproduzione tocca livelli record: i vignaioli di Francia hanno chiesto all’Ue il permesso di trasformare in alcol industriale 2 milioni e mezzo di ettolitri, come dire, 322 milioni di bottiglie in meno sul mercato. Parti delle quali prodotte nel Sud francese. Anche i moderati usano toni aspri. «Il governo farà meglio a rispondere con chiarezza alle nostre richieste prima del raduno di Narbonne» dice Denis Verdier, presidente della Confederazione cooperative vinicole francesi. Il riferimento è alla grande manifestazione che i vignaioli del midi hanno in programma il prossimo 20 aprile, per la quale la Gendarmerie prepara misure di sicurezza eccezionali.

La crisi del Languedoc agricolo e la comparsa dell’enoterrorismo porta in primo piano i problemi del mercato mondiale del vino. Problemi che si fanno sentire anche in Italia. La lotta per contendersi il mercato si fa sempre più selettiva. E se la rivolta di Montpellier è dovuta anche ai concorrenti italiani sui mercati esteri c’è da temere che la bottiglia valichi i confini. Per ora i vignaioli di Languedoc non se la prendono con i cugini d’Oltralpe. Ma al confine c’è chi ricorda ancora che, proprio da qui, dagli agricoltori di Sete, partì nel 1981 la prima guerra del vino, con commandos che rovesciarono le autobotti di vino italiano dirette alle cantine francesi.

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