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Corriere Della Sera

Costa troppo, la grande crisi del vino... Calo nei consumi dell’11%. Parte della vendemmia sarà distrutta. La vendemmia solitamente è una festa, ma quest’anno no. Siamo in presenza di una crisi senza precedenti, tanto che su richiesta del ministro delle Politiche agricole, Gianni Alemanno, è stato varato un decreto legge per la distillazione di crisi con una spesa di 80 milioni di euro. Significa che milioni di ettolitri di vino, non appena prodotti, verranno trasformati in alcol per usi industriali, compensando con poco o niente il lavoro di migliaia di viticoltori. BRUTTE NOTIZIE - In termini qualitativi il 2005 sarà una buona vendemmia, ma la notizia non è molto confortante, perché sarà un’annata piuttosto abbondante con un raccolto che secondo le prime stime (Ismea - Unione Italiana Vini) dovrebbe attestarsi sui 52 milioni di ettolitri, leggermente meno del ricco raccolto dell’annata precedente. E’ sempre difficile fare previsioni in corso d’opera, per ora si sa che grazie al fresco di agosto i bianchi saranno equilibrati, con buona acidità. E anche per i rossi si manifesta un certo ottimismo. Lo conferma Stefano Cinelli, proprietario di una delle più antiche cantine di Montalcino: «I dati analitici sono rassicuranti, dopo gli eccessi degli Anni ’90 e primi 2000 (caldi e siccitosi, ndr ) siamo ritornati alla normalità degli Anni ’70, quindi avremo vini meno alcolici, ma più equilibrati e longevi». Tutto questo se il tempo non si guasterà, come è già accaduto in alcune regioni del Nord, dove le piogge possono intaccare il potenziale qualitativo. Ma, anche se sembra bestemmia per molti produttori, una grandinata sarebbe quasi una benedizione, perché consentirebbe, se non altro, di intascare con certezza il premio dell’assicurazione. Infatti, in molte cantine sociali i viticoltori conferiscono le uve senza avere nessuna garanzia se non quella che sarà pagato loro un prezzo molto basso, che spesso non ripagherà nemmeno i costi di produzione.

CANTINE NEI GUAI - La débâcle della vendemmia 2005, se non evitata, poteva essere almeno contenuta. A patto che i consorzi di tutela e gli organismi di controllo avessero fatto la loro parte, per esempio imponendo rese per ettaro più contenute (cosa che hanno fatto in pochi come, per esempio, il Consorzio Valtellina). Il problema vero è che molte delle cantine italiane sono piene e molto vino rimane invenduto. Dopo anni di forte crescita, di incremento selvaggio dei prezzi con la complicità del passaggio dalla lira all’euro e senza una «segmentazione» del mercato e un conseguente giusto posizionamento del prezzo, il vino è arrivato al collasso. Nell’ultimo anno i consumi in Italia sono calati dell’11%. Si è formata una piramide della qualità rovesciata, in cui tutti si credevano dei leader (tutti pensavano di essere gli Armani della situazione) con bottiglie di vino dai prezzi esorbitanti. Siccome era il prezzo che faceva la qualità e non viceversa, come è nella norma, chiunque, anche l’ultimo arrivato, si sentiva autorizzato a chiedere 30, 40, 50 euro per una bottiglia. Poi, a causa della fisiologica, drastica contrazione dei consumi e della crisi economica dilagante, il castello di carte è crollato.

LA CRISI ATTUALE - Sul vino italiano la vendemmia sta producendo gli effetti di un uragano che farà molte vittime. Le prime vittime saranno i viticoltori che vendono l’uva senza trasformarla: non pochi di loro, quest’anno, rinunceranno persino a raccogliere l’uva. Poi seguiranno gli «improvvisati», che pensavano di avere trovato l’Eldorado collocando poche bottiglie a prezzo da gioielliere.
«Oggi il problema non è produrre il vino: fare un buon vino è relativamente facile, è venderlo che è diventato molto complicato» dice Giuseppe Meregalli, uno dei più noti mercanti del vino, distributore del celebre Sassicaia. «Quello che è più grave - continua Meregalli - è che in questo settore mancano le idee, non c’è nessuna iniziativa che sappia far ripartire i consumi. In più, il mercato che era in mano alla produzione ora è ritornato predominio dei commercianti, che hanno ampi spazi di manovra, se si tiene conto che in Abruzzo oggi si può acquistare un onesto vino a 0,20 centesimi il litro. Quindi non stupiamoci se sullo scaffale di certi discount si trovano vini in bottiglia, non in brick, a meno di un euro».

LE SOLUZIONI - Come uscire da questo momento difficile? «Bisogna andare appresso al mercato - dice Maurizio Micciché, di Calatrasi, in Sicilia - e fare come hanno fatto gli Australiani che oggi sono protagonisti a livello mondiale e spuntano prezzi medi superiori ai nostri, che abbiamo secoli di storia. Loro fanno un lavoro di gruppo con una incisiva politica di marketing. In Italia ognuno va per proprio conto, senza nessun coordinamento, disperdendo energie in mille rivoli. Anche se i prezzi sono bassi, gli spazi di manovra ci sono: in questo momento il mercato ha un valore di riferimento di tre euro per bottiglia. Se si riesce a impostare una politica di numeri e di filiera, si riesce ad accontentare il consumatore e fare ragionevoli profitti».
Solo allora la vendemmia tornerà a essere una festa come in passato e non un momento di amara riflessione come quest’anno.

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