Langhe, Barolo come l’oro nel paradiso gastronomico. Dal vino rosso al tartufo bianco, la ricchezza abita qui. «Grande cucina», domani il volume sulla pregiata zona del Piemonte ... Si fa presto a dire le Langhe, ma bisogna fare una distinzione tra l’Alta Langa e la Langa propriamente detta. Nell’Alta Langa si coltivano nocciole della varietà tonda gentile, buonissima specialmente se impiegata in pasticceria per fare il Gianduia o un famosissimo prodotto che tra i suoi estimatori ha persino Nanni Moretti, e si producono squisiti formaggi, ma è una terra aspra e sostanzialmente povera, che ha conosciuto l’abbandono delle campagne. Altra cosa è la Langa più bassa e collinare, punteggiata da castelli e paesi arroccati sulle sommità dei poggi, con una infinita teoria di filari di vigne: un paesaggio ordinato e simmetrico che pare un immenso curatissimo giardino. Questa è la vera Langa, una terra divenuta una sorta di Eldorado, grazie alla linfa vitale che scorre dentro le vigne, fluisce nei grappoli per poi trasformarsi con la fermentazione e un lungo affinamento in botti di legno, in vini assai pregiati le cui quotazioni tendono sempre più ad avvicinarsi a quelle dell’oncia d’oro. È la terra del Barolo, il più famoso vino rosso italiano da lungo invecchiamento, che con pomposa retorica in passato si definiva «re dei vini e vino dei re», ma che pure in epoca repubblicana mantiene posizioni di assoluto primato, a cui si avvicina soltanto l’altro fiero vino di questa terra, il Barbaresco, originario dello stesso vitigno cioè il nebbiolo (da nebiul , nebbia, perché si raccoglie tardivamente quando già si formano le prime nebbie). Il nebbiolo qui ha trovato un felicissimo e inscindibile matrimonio con la terra che non è possibile ripetere in nessun altro angolo del pianeta (ci hanno provato in tanti, ma senza esiti). Un successo iniziato a metà Ottocento grazie ad agricoltori illuminati come i marchesi di Faletti a Barolo, il conte Camillo Benso di Cavour a Grinzane (paese che ora prende il suo nome) e lo stesso re Carlo Alberto a Verduno. E poi, superate le vicissitudini delle guerre, della fillossera, delle congiunture economiche il Barolo (e con esso il Barbaresco) è tornato a essere grande grazie all’intraprendenza delle grandi e piccole famiglie, ai nobili ma anche ai tenaci viticoltori i quali, lasciata la fabbrica, hanno ripreso a coltivare i vigneti dei padri fino a guadagnare grazie al Barolo fama e successo economico.
Qui in Langa il sistema vino fa da propulsore di un ricco settore enogastronomico fondato su piatti tradizionali - tajarin, ravioli dal plin, fritto misto, carne all’albese - e prodotti tipici - torrone, dolci, conserve, grappe e naturalmente il preziosissimo tartufo bianco di Alba - che alimenta una ristorazione di qualità, composta da migliaia di ristoranti, trattorie, osterie e winebar . Ogni anno arrivano in questa terra benedetta centinaia di migliaia di persone da ogni parte del mondo che spendono a profusione e con gioia. In nome del vino.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025