Corriere Della Sera

I gusti un po’ standard del Moggi dei vitigni ... Bottiglie e Potere... Ascoltare un cinofilo aggiornato parlare di Robert Parker è come sentire un tifoso antijuventino che ce l’ha con Moggi. Ambedue sono stati potentissimi (P. lo è ancora); hanno inventato un sistema (nel sistema Parker c’è un punteggio da 50 a 100). E sono stati accusati di annientare le peculiarità locali uccidendo il campionato: limitandolo a Juve-Milan oppure a cabernet-merlot-barrique. Insomma, “vino standardizzato, piacevole nell’immediato ma senza grande carattere”. Lo scrive Daniele Cernilli del Gambero Rosso nelle sue Memorie di un assaggiatore di vini e non è difficile essere d’accordo. Specie alla decimillesima bottiglia uguale, umbra come australiana, sicula come cilena, morbidona e suggestiva ai primi sorsi, stucchevole già a metà. Anche se ora (già da un po’ vanno di moda i vitigni autoctoni, già qualche vinaio annuncia felice “le do una Barbera in acciaio” per garantire che non è la solita spremuta del falegname) Parker si adegua. Per anni le sue recensioni parevano sponsorizzate dai produttori di barriques del bordolese; ma in un suo recente proclama prevede l’ascesa di “vini… con profumi puri e aromi non marcati dall’affinamento in legno”. E meno male. D’altra parte . Accusati di omologare il gusto, Parker e altri critici modernelli hanno influenzato la creazione-produzione di vini facili ma decenti. Specie in zone che prima offrivano roba imbevibile. I vini facili hanno conquistato milioni di nuovi fans. Ora i fans si sono evoluti e cercano altro. E Parker – meno chiacchierato di Moggi – parla di “diversità” e prezzi contenuti nel futuro del vino. Speriamo (specie per i prezzi, in questi anni appena Parker parkerizzava un vino a comprarlo si andava falliti).