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Corriere Della Sera

A tavola la scuola non sempre dà lezione ... Un’indagine di Cittadinanzattiva raccoglie le lamentele delle famiglie su quasi trecento mense di 88 città. Si punta alla corretta alimentazione, ma nella pratica il servizio è spesso scarso... Il Ministro della Pubblica Istruzione Fioroni ha di recente affermato che nei programmi scolastici dovrà essere inserita l’educazione alimentare. Il dicastero della Salute ha annunciato un piano interministeriale che impegnerà anche industrie alimentari e aziende della ristorazione per una progressiva riduzione di zuccheri, grassi e sale negli alimenti proposti alla popolazione, nonché una rimodulazione delle porzioni. Iniziative certamente apprezzabili, ma, se ai giovanissimi vogliamo insegnare a mangiare in modo sano e corretto, quale esempio diamo loro quotidianamente nelle mense scolastiche? Bambini e ragazzi italiani consumano ogni anno a scuola un totale di ben 260 milioni di pasti (con un incremento del 10% per cento rispetto al 2000) e le famiglie spendono mediamente per la refezione, secondo dati dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, 680 euro nella scuola dell’infanzia e 688 euro per la scuola primaria (da un minimo di 478 euro in Calabria, a un massimo di 1104 euro in Emilia Romagna).
Ogni anno, però, qui e là non mancano polemiche sulle rette, proteste da parte dei genitori sull’efficienza dei servizi, episodi sospetti di «mal di pancia» collettivi, promesse delle amministrazioni competenti. Una panoramica sulla qualità delle mense scolastiche viene da un’indagine che Cittadinanzattiva ha presentato lo scorso novembre e che ha raccolto le «lamentele» relative alla refezione in 271 scuole di 88 città. Il maggior numero di segnalazioni negative riguarda la preparazione del cibo che, stando a studenti e famiglie spesso lascia a desiderare: pasta scotta, secondo freddo, pietanze mischiate nel piatto, cibo che galleggia nell’olio.
Ma c’è anche un consistente numero di lamentele che riguarda la conservazione degli alimenti ed il rischio di intossicazioni: pane senza glutine scaduto; confezioni di carne aperta e maleodorante; errori nella somministrazione del cibo ai bambini allergici. Numerose anche le contestazioni in merito alla discordanza tra quanto previsto dal capitolato di appalto per il servizio mensa e quanto poi effettivamente distribuito: non corrispondenza tra gli ingredienti usati per cucinare i cibi e quelli indicati nel capitolato; diete differenziate per gli alunni affetti da intolleranze alimentari non preparate in modo corretto; scarso rispetto della legge 488 del ‘99 che prevede che la ristorazione scolastica debba includere prodotti tipici, tradizionali e biologici, nonché a denominazione protetta.
«Nonostante tutto, va riconosciuto - dice Giustino Trincia, vicesegretario generale di Cittadinanzattiva - che la situazione rispetto agli anni passati è migliorata. Mediamente nelle grandi città c’è una buona attenzione nella stesura dei capitolati, che sono preparati con il contributo di esperti di nutrizione. La stessa cosa, tuttavia, non capita sempre nei piccoli centri». Ma i genitori si lamentano anche sulla quantità del cibo e sul fatto che spesso si propongano alimenti poco graditi ai bambini. Questi, stando a un’indagine di Coldiretti (2003), dichiarano che non vorrebbero mai trovare in tavola minestra di verdura, agnello, formaggi, verdure cotte, mentre desidererebbero mangiare salumi, pasta al forno, coscia di pollo con le patatine fritte e - perché no? - un bel gelato.
«Per quello che riguarda i menù, - spiega Margherita Caroli, pediatra nutrizionista, responsabile dell’unità operativa di igiene della nutrizione della Asl di Brindisi che sovrintende proprio alla composizione dei menù scolastici - si sta cercando, rispetto ai passato, di variarne molto la composizione, introducendo spesso alimenti come verdure e legumi, anche se siamo consapevoli che non sempre incontrano il gusto dei bambini. Ma l’obiettivo è proprio quello di abituarli a nuovi alimenti e compensare un’altra cattiva abitudine diffusa, che è quella di proporre ai figli solo e sempre gli alimenti che gradiscono di più per evitare il “rischio” che non mangino». «Le porzioni offerte nelle mense scolastiche, poi, - aggiunge la dottoressa Caroli - sono adeguate alle esigenze nutrizionali degli studenti. Il problema è, semmai, che oggi in famiglia si tende a sovralimentarei bambini e gli effetti li constatiamo con il progressivo aumento dei casi di sovrappeso e obesità infantile».
(arretrato del Corriere della Sera del 10 dicembre 2006) 

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