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Corriere Della Sera

Morto Gallo, leggenda nera del vino. Veleni, successi e guerre fratricide ... Aveva 97 anni. Lo chiamavano il «padrino» per i metodi duri. Settanta milioni di casse vendute nel 2006. Il suo motto: in cantina devi essere guerriero... «Se vuoi produrre vino - diceva spesso per giustificare la sua proverbiale durezza - devi essere un guerriero». E a chi, pur ammirando il successo dell’impresa (la E&J Gallo Winery, leader del mercato americano, l’anno scorso ha spedito ben 70 milioni di casse dl vino), lo criticava per la bassa qualità del prodotto, spiegava che si era dato una missione: rendere il frutto della viticoltura popolare accessibile «come la minestra Campell» nell’America birra, whisky e Coca Cola del Dopoguerra. Poi, negli ultimi anni, sono arrivati anche i vini pregiati. Ernest Gallo, il più grande imprenditore vinicolo della storia americana, è morto l’altro ieri quando nel villone di Modesto, in California, già erano iniziati preparativi per il 98esimo compleanno.
Per gli agiografi la sua è la storia di uno straordinario successo, una delle più classiche materializzazioni del «sogno americano»: due ragazzi (Ernest e il fratello Julio, morto dieci anni fa in un incidente stradale) nati negli Usa da immigrati italiani che, rimasti improvvisamente orfani, costruiscono dal nulla un’azienda che per 70 anni domina il mercato vinicolo americano (nel 2006 ha coperto, da sola, il 25 per cento della produzione statunitense). Per i biografi «non autorizzati» è, invece, un romanzo nel quale i successi si mescolano con i soprusi, una storia impastata di violenze e drammi nascosti. Una settimana fa è scomparso, a 87 anni, un altro Gallo: Joseph, il minore dei tre fratelli, quello che non è stato mai ammesso nell’azienda vinicola familiare. Joe ha cercato per tutta la vita di ottenere una quota dell’eredità paterna.
Invano, dato che alla morte dei genitori gli altri due fratelli, divenuti di fatto i tutori del ragazzo, gli fecero firmare documenti nei quali rinunciava ad ogni diritto. Joe si è rifatto una vita come agricoltore e, poi, allevatore. Ma quando ha raggiunto il successo come produttore di formaggi, è stato trascinato in tribunale dal rancoroso fratello che lo ha accusato di sfruttare il successo del marchio Gallo; oltretutto con prodotti caseari definiti «spazzatura», un danno all’immagine della casa vinicola. Sconfitto in tribunale, Joseph ha perso il diritto di usare il suo cognome come marchio ed è quasi impazzito. Ha finito i suoi giorni in una condizione di squilibrio mentale, tentando l’ennesimo, inutile, assalto legale all’azienda costruita dai fratelli maggiori. Una specie di versione maschile di Cenerentola, senza lieto fine, raccontata dalla saggista Ellen Hawkes In «Blood and Wine» (Sangue e Vino). Ernest, che quando ha compiuto i 90 anni ha cominciato a cedere ai nipoti quote dell’azienda (4600 dipendenti, vigne sterminate tanto nella Napa quanto nella Sonoma Valley, 3 miliardi di dollari di fatturato, case vinicole anche in Francia, Italia e Australia) è rimasto in sella fino a tempi abbastanza recenti: un regno durato quasi tre quarti di secolo.
In un sera del 1933 Giuseppe Gallo - che anni prima aveva lasciato Fossano, in Piemonte, per emigrare in California - disperato perché i tempi difficili della Grande Depressione lo avevano ridotto in bancarotta, raggiunse la moglie che stava dando del cibo ai maiali e la uccise con un colpo alla nuca; poi si suicidò. Almeno, questa è la storia che, nascosta per anni dalla famiglia, è poi diventata la versione ufficiale. A quel punto Ernest e Julio si rimboccarono le maniche e con i pochi dollari ricevuti in prestito da qualche parente, cominciarono a coltivare le loro vigne e a produrre vino. In poco tempo riuscirono a ripagare i debiti del padre e a creare un’azienda florida. Con due nei: la qualità, inizialmente molto bassa, del prodotto e uno stile aziendale piuttosto ruvido per non dire brutale. Dipendenti, fornitori, distributori, trattati tutti con grande durezza, scontri continui coi sindacati.
Molti, tra quelli che hanno avuto a che fare con lui, hanno descritto Ernest come una figura machiavellica; qualcuno, con poca fantasia, l’ha soprannominato «il padrino». Accusati di ogni misfatto (comprese forme di concorrenza sleale alquanto originali come l’inserimento di mozziconi di sigaretta nelle bottiglie di vino dei concorrenti più agguerriti, che poi venivano accuratamente richiuse), molti anni fa i Gallo furono addirittura sottoposti a un processo-burla dagli studenti dell’università californiana di Berkeley (finito con una condanna per «crimini contro il popolo»).
In realtà Ernest - mente strategica e commerciale dell’azienda, mentre Julio si occupava della gestione giornaliera della produzione - è stato un grande innovatore: è stato, ad esempio, il primo ad usare in modo massiccio le tecniche della catena di montaggio per l’imbottigliamento e il primo a fare del vino un oggetto della pubblicità in tv. Le maniere forti le ha certamente usate, ma, prima le aveva subite: Giuseppe, il padre, era infatti solito picchiare i figli e la stessa moglie (che avviò due volte le pratiche per il divorzio). Dopo la morte violenta del genitori, Ernest e Julio continuarono a usare lo stile del padre. Figli e nipoti, che ora ereditano l’azienda, hanno invece conosciuto un Ernest addolcito dall’età e dal ruolo patriarcale. Addolcito nel temperamento, ma non per questo meno energico: nel 2001 celebrò il suo 90esimo compleanno in Turchia, discendendo i torrenti in kayak. Ci andò con i nipoti, considerando i figli troppo vecchi per quell’impresa.

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