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Corriere Della Sera

Se Manzoni ci lascia a bocca asciutta ... La celebrazione del vino ha attraversato tutta la letteratura occidentale, da Omero a Orazio e Ovidio nella classicità, fino a Baudelaire e Neruda nella modernità. “Non possono piacere a lungo né vivere i versi scritti da chi beve solo acqua”, sosteneva Orazio nelle Epistole. Naturalmente non è vero. Leopardi e D’Annunzio si dichiararono astemi. Ma è giusto ricordare che i/primo fu certo un poeta triste e che il secondo (forse per rivalsa) divenne uno scrittore fin troppo esuberante nel proprio vitalismo. Anche i grandi bevitori non fanno testo. Nel Poison Baudelaire, ispirato ma forse troppo alterato dall’alcol, esagerava: “Il vino sa rivestire la più sordida stamberga di un lusso miracoloso / e fa sorgere più d’un portico favoloso nell’oro del suo vapore rosso I come il sole che tramonta in un cielo rosso”.
Così Hemingway poteva sostenere addirittura, in Morte nel pomeriggio, che “il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo”.
C’è dunque nella gioia di letteratura un vino che serve (lo afferma ancora Orazio) a cacciare “dolorosi affanni”. Ma c’e anche un vino che sa generare allegria di pensiero. E nella tradizione letteraria italiana è proprio questo nettare dell’uva a dominare. Francesco Redi, nel Bacco in Toscana del 1685, ha un tocco deliziosamente leggero: “Se dell’uve il sangue amabile / non rinfranca ognor le vene, / questa vita è troppo labile, / troppo breve, e sempre in pene”.
Scriverà Mario Soldati, da raffinato intenditore: “Il vino è come la poesia, che si gusta meglio e che si capisce davvero, soltanto quando si studiano la vita, le altre opere e il carattere del poeta”. Azzeccagarbugli nei Promessi sposi, al banchetto di don Rodrigo, è invitato dal padrone di casa a fare da sommelier. “Tirato fuor del bicchiere un naso più vermiglio e più lucente del solito, il dottore rispose, battendo con enfasi ogni sillaba: “dico, proferisco e sentenzio che è questo è l’Olivares de’ vini.., che un linquor simile non si trova in tutti i ventidue regni del re nostro signore”. Peccato che Manzoni non ci dica che vino stesse bevendo.

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