02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Corriere Della Sera

Il “food in Italy” vince anche all’estero ... Auricchio: “L’export risale”. Lo scatto di Mastroberardino e Fumagalli... “Fare squadra e puntare decisamente sull’estero”. Gian Domenico Auricchio, 50 anni, neo presidente delle 30 mila imprese associate nella Federalimentare di Confindustria, non si stanca di raccontare e spiegare i dati congiunturali del suo settore che, per importanza, in Italia viene subito dopo quello metalmeccanico. “Il 2006 è l’anno della svolta, dopo la più lunga stagnazione (5 anni) dalla fine della guerra, l’export è cresciuto del 10%, il fatturato dell’intero comparto è salito a 110 miliardi di euro, con una percentuale del 2,8%, molto più della media del Pil nazionale”. Ma per Auricchio la cifra magica, che spiegherà oggi alla sua prima assemblea annuale, sta nel 15% del rapporto tra export e fatturato dopo dieci anni di un blocco “psicologico” al 14%.
“Certo siamo lontano dalle quote export di Germania e Francia rispettivamente al 20% e al 22% ma ora si è rotto quasi un incantesimo e oggi cercherò di trasmettere agli prenditon1’orgoglio nel raccogliere la sfida della globalizzazione”. Tolti i campioni nazionali del calibro di Barilla, Parmalat e pochi altri lo scenario della struttura industriale alimentare italiano è troppo parcellizzato: sono 24 mila le imprese sotto i 9 dipendenti, circa 7 mila quelle sopra. Per facilitare le fusioni e diffondere lo slogan montezemoliano del “fare squadra” qualcosa il governo ha fatto introducendo benefici fiscali per chi si “fonde” o per le aziende che si mettono in rete.
“Ma è ancora troppo poco - afferma Auricchio - con il presidente Luca di Montezemolo cercheremo di convincere il governo a fare di più”. Le energie e le idee non mancano e le imprese alimentari di successo, per quanto di dimensioni ancora modeste, stanno spuntando un po’ dovunque. Come l’azienda vitivinicola Mastroberardino di Avellino, 14,5 milioni di euro, che ha puntato su insediamenti enoturistici.
O, per stare sempre in Campania, della Colavita (olio e patè) che ha raggiunto un fatturato di 60 milioni di euro l’80% dei quali realizzati all’estero: nel 2001 ha aperto a New York il primo centro culinario per la promozione dei prodotti italiani.
La brianzola Fumagalli, salumi e insaccati vari, si è inventato il sistema di certificazione anagrafica via Internet. Basta inserire il codice del prodotto acquistato per risalire al giorno in cui il suino è stato macellaio e controllare la filiera alimentare. In zona “hi-tech”, si segnala la distilleria Varnelli di Macerata che ha brevettato un sistema che consente, toccando la bottiglia, di vedere su un display le informazioni sul contenuto. E che dire della azienda-web “Bontà dell’Alto Adige” di Lagundo (Merano) che l’anno scorso ha venduto 5 tonnellate di speck so lo utilizzando Internet.
Ma c’è chi della tradizione ha fatto la sua formula vincente. E’ il caso della Pasta Rummo (160 anni di vita, 40 milioni di euro di fatturato) che nel 2005 ha lanciato sul mercato, dopo 12 anni di ricerche, la pasta a “lenta lavorazione” che per qualità e consistenza sta sbaragliando gli avversari. Auricchio sa bene che questi esempi non bastano per “fare massa critica” e sbarcare con i nostri prodotti sui mercati stranieri ma qualcosa sta accadendo. “Solo il. 24% del nostro fatturato è legato all’innovazione e il 10% al biologico, il resto è formato da prodotti tradizionali”. “Con l’idea di nicchia non si va da nessuna parte - ammette il presidente di Federalimentare - per questo dovremo aumentare il dialogo e la collaborazione con tutta la filiera dell’alimentare, grande distribuzione e mondo agricolo compresi”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su