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Corriere Della Sera

Il vino come simbolo di lotta popolare ... Tra i non tanti modi con cui la tv ha celebrato la ricorrenza del 25 aprile (molto commovente, però, la visita del presidente Giorgio Napoletano a Cefalonia trasmessa dal Tgl) spicca per bizzarria quello scelto da Retequattro (mercoledì, ore 16,45): la riproposizione del film di Stanley Kramer “Il segreto di Santa Vittoria” (1969) tratto dall’omonimo romanzo di Robert Crichton e con Anthony Queen, Anna Magnani, Virna Lisi, Rascel, Valentina Cortese e Giancarlo Giannini. La storia, molto curiosa, è ambientata nel 1943 nel cuore delle Langhe, le colline della Resistenza.
Durante il periodo di occupazione, i tedeschi arrivano in un paesino italiano (“immaginario”, secondo alcuni dizionari di cinema), rinomato per la qualità del proprio vino, per impossessarsi di tutte le bottiglie (centinaia di migliaia), custodite nelle cantine, come bottino di guerra.
Il sindaco Italo Bombolini organizza una singolare forma di resistenza per impedire che l’unica ricchezza del paese finisca nelle mani dei nazisti. Compiuta l’operazione, a cui collabora tutto il paese, e arrivati i tedeschi, Bombolini consegna al capitano Von Prum, le centomila bottiglie rimaste, assicurandolo che non ve ne sono altre. L’ufficiale tedesco sa che i langhetti mentono ma non riesce a scoprire il nascondiglio e deve andarsene a mani vuote. Il film è così così, a tratti spassoso, a tratti farsesco, una sorta di musical non riuscito con i piemontesi che parlano il romanesco. Però è singolare che Crichton abbia pensato al vino come simbolo della lotta popolare. Il film è stato girato nelle famose cantine della Cinzano a Santa Vittoria d’Alba, un paese a metà strada tra Alba e Bra.
Nel frattempo la Cinzano è stata acquistata dalla Campari e anche il prezioso museo storico è stato trasferito. Il miracolo della resistenza non si è ripetuto (la storia e le storie non insegnano mai nulla) e questa volta gli abitanti di Santa Vittoria non hanno saputo conservare il loro segreto. Ho sempre pensato a Giorgio Bocca come all’interprete ideale del film (al posto di Anthony Queen). Avrebbe così mirabilmente fuso due sue passioni e smesso, forse, di scrivere invide sparate contro quel grande di Beppe Fenoglio.

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