02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Corriere Della Sera

Boroli: inseguito da un’auto killer ... Il racconto dell’ erede della dinastia che guidò la De Agostini: mi hanno stretto due volte verso il guardrail. Mi hanno terrorizzato, si scusino. Il rampollo e la paura del sequestro: ecco la mia verità... Come in un brutto film, di quelli dove un’auto-killer ti insegue e tu scappi terrorizzato, fino a quando arrivano i nostri e ti salvano. Achille Boroli, 31 anni, erede della dinastia che fin dal 1919 ha fatto crescere la De Agostini, oggi giovane e brillante imprenditore vinicolo, racconta così la brutta avventura che mercoledì sera ha scatenato a Novara e dintorni l’allarme-sequestro. Per rivelarsi invece una lite degenerata, come ne avvengono spesso tra automobilisti. Una lite della quale, assicura Boroli, lui non si era neppure reso conto, un episodio come potrebbe capitare a chiunque ma che per lui, che arriva da una famiglia che ha già subito un sequestro e altri tentativi di aggressione, si è trasformato in un incubo. Boroli non sembra uno che va in giro ad attaccar briga. Piuttosto, il consapevole rampollo di una famiglia abituata ad agire con prudenza, dopo un sequestro (quello di Marcella, nel ‘79, la cugina del padre di Achille) e altri episodi preoccupanti.
Boroli, l’uomo che l’ha inseguita, Atos Roccati, non è un rapitore ma un semplice artigiano. Dice che voleva chiederle spiegazioni dopo che lei gli aveva fatto dei gestacci in autostrada... E’ vero? “Assolutamente no, io non ho fatto gestacci a nessuno. Non è mia abitudine, ma se fosse capitato, lo direi. Invece. nel tragitto da Milano a Novara Est non ho mai visto la macchina che poi mi ha inseguito”.
Che cosa ha fatto quel giorno?
“Sono partito dal mio ufficio nel pomeriggio e sono andato nel centro di Milano. Poi ho voltato l’auto e sono tornato verso casa, cioè verso il centro di Novara. Erano circa le 19”.
E dopo? Che cosa è successo al casello?
“Mi sono infilato nella porta del Telepass, la sbarra era alzata ma il semaforo era rosso, quindi mi sono fermato e ho azionato il tasto per far intervenire l’operatore. Risolto il problema, sono ripartito, ma subito mi sono accorto che davanti a me, proprio sulla mia corsia, circa 25 metri più in là, c’era quella grossa monovolume scura, ferma. Io ho fatto per superarli a sinistra, ma loro si sono affiancati e mi hanno stretto verso il guardrail. L’uomo vicino al guidatore (Roccati, che aveva affidato la guida al nipote, ndr) mi ha gridato “Fermati! Fermati!’. Ho cominciato ad avere paura, molta paura...”.
Non si è chiesto che cosa volevano quei due uomini?
“Sinceramente no, così come non ho pensato di guardare bene di che auto si trattava. Ero semplicemente terrorizzato, il mio unico pensiero era scappare. In quel punto, la strada si restringe a due corsie. Li ho superati, ma loro mi hanno stretto di nuovo, dall’altra parte. Nel frattempo, avevo composto il 112 e mi avevano messo in contatto con la pattuglia più vicina. L’agente al telefono, bravissimo, mi suggeriva dove dirigermi. Sono uscito a Pernate, un piccolo centro subito fiori Novara, e loro dietro”.
Quando hanno smesso?
“Non lo so esattamente. A un certo punto, lungo la via dei Tigli tra Penate e Trecate, sono riuscito a superare due auto e loro sono rimasti indietro, Dopo un po’ che non li vedevo, mi sono rifugiato in un distributore Ip e li ho aspettato la polizia. Tutto è durato un quarto d’ora, forse meno, ma a me è sembrato un secolo”.
Com’è venuta fuori la storia del sequestro?
“Sono sbalordito anch’io. Non sono stato io a suggerire questa ipotesi. Poco dopo che la pattuglia mi aveva accompagnato in questura è arrivato il dottor Mulas (il questore di Novara, ndr), un poliziotto molto esperto, e insieme abbiamo ricostruito tutto. Si è parlato della possibilità di un tentato sequestro, ma come di una cosa improbabile, che era meglio indagare per poterla escludere e dormire tranquilli”.
Ma forse è stato lei a ricordare i precedenti della sua famiglia.
“In questura li conoscono benissimo. Mi hanno chiesto se c’era stato dell’altro e io ho raccontato di mio fratello Guido, che negli anni scorsi, mentre studiava architettura a Torino, è stato a lungo pedinato. Ma anche questo era noto alla polizia”.
Famiglia in vista, precedenti dolorosi. Lei si sente assediato? Ha paura?
“No. Sono stato educato normalmente, tra Novara e il Lago Maggiore, ho studiato economia, vivo a Novara perché mi piace, ma adoro anche le Langhe, dove abbiamo i vigneti dei quali mi occupo. Facciamo del buon vino, una vecchia passione che abbiamo realizzato solo da pochi anni. Ma non sono un rampollo viziato: quando ho cominciato, mi pagavano a provvigione come gli altri rappresentanti”.
Che cosa desidera ora? Che cosa prova verso chi l’ha inseguita? “Voglio una cosa sola, tornare alla vita normale. Quanto a quei due signori, non avrei problemi a scusarli, anche se in quell’assurdo inseguimento abbiamo rischiato la vita”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su