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Corriere Della Sera

Così il passito ha riscritto la mia vita ... Sono miope, ma i miei occhi non mi impediscono mai di cercare la luce di Pantelleria. E il mio approdo, luogo eletto, dove faccio vino, un passito che ho chiamato “Sangue d’oro”, tappo giallo e fascia rossa, i colori caldi di Sicilia. E vero, mi è costato intraprendenza - ho l’audacia dei timidi - e anche un celebre schiaffo, qualche anno fa, da Gerard Depardieu, mio ex compagno, irruento e stimolante, ma sono riuscita a portare a termine il progetto. Ho recitato Berenice e Fedra di Racine, a teatro, sono stata attrice per Coppola, Ridley-Scott, Risi, e protagonista in “Quell’oscuro oggetto del desiderio” di Luis Bunuel, ma, senza nulla voler togliere alla mia professione, mi commuovo quando penso a Pantelleria e alla sua terra fatta di sole e lava. Quando ho prodotto la mia prima bottiglia, nel 2005, non ho saputo nascondere le lacrime. Confesso: sono ammaliata dalle sue magie e dal vento che soffia con furore, a Serraglio, nella zona della montagna Grande. Piano piano, ho scoperto di amare la terra più del palcoscenico. Lo ammetto sottovoce, ma oggi i progetti di lavoro debbono essere tutti brevi perché l’isola ha bisogno di me ed io ho bisogno dell’isola.
Ricordo, anni fa, a Parigi, durante una cena, Isabella Rossellini mi ha parlato di questo luogo sperduto nel Mediterraneo, battuto dallo scirocco, difficile da raggiungere e ancor più da lasciare: mi è sembrato un sogno. La sua imprevedibilità mi ha conquistata. Intorno al mio dammuso ho rimesso a posto le vigne e oggi possiedo circa dieci ettari. Sono stata ostinata a cercare quella terra, ho bussato alla porta di quaranta proprietari per mettere insieme il vigneto. I panteschi, gli
abitanti dell’isola, mi considerano una di loro. Mi sento davvero protetta. Poi ho avuto la fortuna di incontrare due uomini speciali, Nunzio, contadino, che mi ha aiutato a trattare gli acquisti dei vari appezzamenti e oggi si occupa di vigna e cantina: senza di lui sarei persa. Stessa ammirazione per l’enologo piemontese Donato Lanati, che mi ha aiutata a realizzare un sogno, mettere in bottiglia questo passito che racconta una storia simile alla mia vita. Da un’isola ventosa, ostica e selvaggia siamo riusciti a produrne un vino dolce e sensuale.
La vendemmia è come girare un film. Bisogna fare tutto a mano, stendere l’uva a essiccare, il sole è il vero pesticida biologico. Poi l’attesa della cantina. Volevo un passito che assomigliasse alla luce di questo luogo unico. Anche nella realizzazione dell’etichetta, disegnata con l’amico Dean Tavoularis, art director di molti film di Francis Ford Coppola. In questo periodo mi godo gli ospiti, i miei figli, Dimitri e Luigi, e la natura che si risveglia, con i suoi profumi e le asprezze. In attesa di qualche tuffo dal “Tricheco”, peschereccio che ho fatto restaurare, nessuna nostalgia del passato, per i miei uomini che, pur apprezzando le bellezze selvagge dell’isola non hanno sino in fondo compreso che io, qui, cercavo l’anima estrema e che il vino stava diventando una cosa soltanto mia e troppo personale.

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