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Corriere Della Sera

Personaggi e sfide del bere. Sette parole strategiche ...
A come Amarone. Ci voleva una grande riserva per celebra re i cinquecento anni dell’architetto padovano Andrea Palladio. I1 vino scelto è l’amarone di Santa Sofia. Stesso nome per la villa creata dal maestro a Pedemonte della Valpolicella. E il preambolo chic di Vinitaly. Architettura e vino suggellano l’incontro tra convivio, estetica e gusto. “De Divino Palladio”: una etichetta che rilancia le potenzialità dell’Amarone, spesso ingiustamente dimenticato tra i grandi rossi italiani. Celo ricorda anche lo scrittore Fabio Piccoli con il suo ultimo libro Un architetto, una villa, un vino.
C come Cru. Parola magica e male usata. Si pensa subito alla Francia, ma l’Italia dei winelovers si sta impegnando per dare nuova dignità. A Palazzo Giusti, il wine writer Hugh Johnson ci dirà come il mondo valuta i nostri vini del ventunesimo secolo. Il compito è quello di ripensare a un futuro concreto per i nostri 130 produttori che, da almeno vent’anni, mettono in bottiglia, vini da vertice. I1 marchese Piero Antinori, sa quali sono le condizioni e le regole per compiere un decisivo salto di qualità. Perché il Comitato grandi cru d’Italia non rischi di essere l’ennesima, inutile, organizzazione, che male scimmiotta Bordeaux.

D come Decalogo. I dieci desideri di Angelo Gaja. La sua critica-ironica al mondo che lo suggella davanti a tutti con il suo ineccepibile Barbaresco. Dalla Langr con amore i quattro punti salienti del decalogo. “Che arrivi, entro il 2008, il catasto vinicolo nazionale, atteso da trent’anni; che il mercato Usa continui a tirare, in barba alle cicale di casa nostra, che avrebbero così modo di rimproverare i produttori italiani per aver troppo coltivato quel paese, a scapito del mercato interno; che si dia vita al programma concordato con Bruxelles per estirpare 68.000 ettari di vigneto nazionale entro l’anno 2010, risparmiando, per una volta, inettitudine e furbizia del rinvio; che si restituisca dignità al vino: sono troppi i produttori attirati dallo spettacolo. A chi conviene? Non al vino, il cui consumo pro capite continua a calare”.

F come Franciacorta. Quanto possono le bollicine migliorare ancora i propri standard di qualità? Capito che i parametri non potranno mai essere quelli della Champagne, da Erbusco a Rodengo Saiano, il passo è lungo. Abbandonato quasi del tutto l’utilizzo del Pinot bianco, il futuro chiede ancora riduzione delle rese per ettaro e tempi lunghi per la permanenza sui lieviti. Intanto Berlucchi si apre alla Cina con una lounge, in uno store del lusso a Shanghai. Si aspettano le contromosse degli altri grandi: Moretti-Bellavista, Zanella-Cà del Bosco, Rabotti-Monterossa, Villa e Cavalieri.
M come Marsala. Il ritorno in grande stile del Marsala, dall’isola che, in anni recenti, ha dato ottime soddisfazioni. Su notorietà e immagine interviene anche il sociologo Enrico Finzi. Florio e Pellegrino giocano la partita con bottiglie di livello. Meditare, centellinando gocce di “Rubino” o di una riserva, può rappresentare l’unicum al quale i produttori dell’isola hanno ben diritto. Dopo il Nero d’Avola e i passiti di Pantelleria, con Donnafugata, Salvatore Murana, la Bouquet, è il momento del territorio dell’Etna. Con il vitigno autoctono Nerello Mascalese le sorprese non dovrebbero mancare.

P come Passione. Senza questa emozione alcuni vini non esisterebbero. La prova vivente è il friulano Livio Felluga, che a 93 anni, ha ottenuto in Germania, al castello di Bensberg, il wine award 2008 alla carriera. Pioniere del Collio e dei Colli Orientali del Friuli, negli anni Cinquanta, ha costruito la sua cantina, sviluppando il suo stile; facile da trovare nelle etichette “Terrealte”, “Sossò” e “Illivio”. “Rinascita enoica italiana e modello di eccellenza per i giovani”, sono i requisiti che hanno segnato il percorso di questo vignaiolo. Tra le altre etichette passion-wine dall’Emilia, sono i passiti da uve Albana, “Innamorato” e la riserva “Cuorematto” realizzati dai Poderi Morini di Faenza. E ancora il “Rubacuori”, creato con il vitigno autoctono Centesimino.

S come Salotto. È il recupero un modo per degustare il vino in un ambiente conviviale. Lo cercano i produttori di Bolgheri con il loro rosso 2005 e con il mitico Sassicaia, stessa annata, uno dei vini italiani più apprezzati nel mondo. Compito non facile dal momento che sulla Toscana c’è l’ombra del sospetto sulla purezza del Brunello. Urge porre rimedio prima di finire come le mozzarelle di bufala.

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