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Corriere Della Sera

Addio Docg, Doc e Igt. Così cambiano le etichette ... Nuove regole europee. Tra un anno... Addio Doc, Igt, Docg. Esattamente tra un anno, il 1° agosto 2009, perderanno di valore la Denominazione di origine controllata, l’Indicazione geografica tipica e la Denominazione controllata e garantita che contraddistinguono i vini italiani di qualità. Se, fino a oggi, erano gestite a livello nazionale, in futuro sarà Bruxelles a riconoscere ufficialmente le denominazioni. Che saranno uniformate a livello europeo. “La Commissione organizzerà il sistema sulla falsariga di quanto è previsto per gli altri prodotti alimentari, cioè con i marchi Dop (Denominazione di origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta)”, spiega Ottavio Caggiano, direttore di Federvini.
L’Unione europea tende dunque a semplificare, dando una matrice comune a tutti i vini europei. E per la riconoscibilità delle bottiglie potrebbero cominciare i problemi. Il pericolo, dicono i produttori, è quello di banalizzare il vino, perdendo le specificità territoriali delle Igt. Diego Planeta, presidente di Assovini Sicilia, spiega perché: “Alcuni imbottigliatori europei che non sono produttori hanno interesse a creare il marchio “Igp Italia”. Se lo otterranno, avremo una massificazione dei nostri vini. Pensiamo al Nero d’Avola. Un conto è bere un Nero prodotto in Sicilia con uve siciliane, un altro è berlo imbottigliato a Düsseldorf con uve e mosti provenienti da regioni indistinte dell’Italia. Ma la bottiglia imbottigliata in Germania con uve non di grande qualità potrà avere il marchio “Igp Italia” in etichetta”.
Il punto è la massificazione delle produzione. E il rischio non è da poco. “Il vino italiano - continua Planeta - si difende bene a livello internazionale soltanto se rappresenta la nostra specificità. Se si farà di ogni erba un fascio perderemo”. Il regolamento europeo introduce anche la possibilità di mettere il nome del vitigno da solo, senza più il legame geografico. Quindi un vino prodotto con uva coltivate in territori vocati potrà avere la stessa etichetta di un altro vino prodotto con il medesimo tipo di uva, ma coltivata in una zona di scarso pregio. “Vini generici potranno fregiarsi con il nome di un vitigno noto - si lamenta il produttore friulano Marco Fantinel -. Il Pinot grigio del Friuli non è il Pinot grigio qualsiasi proveniente dall’estero”. Quello che preoccupa i produttori è la perdita delle specificità, che costituiscono la grande ricchezza del panorama viti-vinicolo italiano. “C’è una tendenza del mercato a valorizzare i vitigni autoctoni - dice ancora Fantinel -. C’è sempre più attenzione del consumatore che cerca la peculiarità di ogni zona. I vitigni tipici hanno mercato”.
L’altra questione riguarda i vini di minore qualità. La nuova normativa consentirà di scrivere la dicitura del vitigno e l’annata di produzione anche nell’etichettatura dei vini da tavola. “Questo è sbagliato, per due motivi - spiega Planeta -. Primo perché la tracciabilità dei vini da tavola è teorica. Non si può dire per certo che quel vino è di un’annata e di quella varietà, mentre la tracciabilità è garantita per le Igt. Secondo, perché con le nuove regole il consumatore si troverà di fronte un’etichetta quasi uguale e potrà facilmente confondersi. E invece dobbiamo riuscire a mandare messaggi chiari”. Paradossalmente, dalla denominazione generale Igp di un Paese potrebbero trarre vantaggio i produttori di uva di aree che non godono di grande fama. Come sta accadendo in questi giorni alla regione francese della Valle del Rodano. Qui sorge la centrale nucleare di Tricastin, da dove si sono verificate fughe che hanno suscitato un qualche allarme. Oggi è difficile che le bottiglie prodotte in questa zona e che riportano in etichetta la denominazione “Tricastin” siano vendute. Ma un domani le stesse bottiglie potrebbero essere denominate semplicemente “Igp Francia”.

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