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Corriere Della Sera

La spesa dal personal farmer. Maxi fattorie con 4 mila soci... Si paga una quota fissa, poi il cibo viene spedito in città... Stati Uniti. Le famiglie spendono da 300 a 900 dollari per una stagione di forniture... Dopo il “personal trainer” arriva il “personal farmer”, il consulente agricolo delle famiglie che, anziché frutta e verdura al mercato, scelgono di comprare direttamente un pezzo della produzione di una fattoria. Stufi della frutta e dei vegetali senza sapore dei supermercati e del cibo trattato chimicamente, molti americani che vivono nelle grandi città stanno riscoprendo una realtà che sembrava destinata a scomparire con lo sviluppo economico: i centri agricoli vicini alle aree urbane.

Realtà che sembravano troppo piccole e poco standardizzate per poter competere con le grandi piantagioni delle pianure centrali degli Stati Uniti. E, invece, proprio la crescita della sensibilità per il mangiare sano, unita, ora, a una crisi ambientale ed energetica che rivaluta il “mangiare locale”, ha fatto crescere un movimento che ormai lega centinaia di migliaia di consumatori ad alcune migliaia di fattorie che non vendono più le loro derrate sul mercato, ma producono a contratto solo per i loro clienti.

Le formule sono diverse: si va dal semplice acquisto di una quota della produzione della fattoria che provvede ad effettuare consegne settimanali a domicilio, a formule miste nel quale il consumatore paga la sua quota di produzione con denaro ma anche con ore di lavoro agricolo (prestate, in genere, durante i week end, quando è libero da impegni d’ufficio). E ci sono anche casi di vera e propria “multiproprietà”: un gruppo di cittadini che rileva una fattoria, assume i contadini e affida loro un programma di produzione basato sulle esigenze delle famiglie. Pomodori, frutta, zucchine, melanzane, insalata da agricoltura biologica, consegnati secondo le disponibilità stagionali.

L’idea di comprare i prodotti in fattoria anziché al mercato, ovviamente, non ha molto di originale. E il movimento organizzato non è nuovo. In America i primi nuclei sono della metà degli anni ‘80: si ispiravano, allora, ad esperienze simili in Germania e in Giappone, nate dalla paura per il cibo adulterato.

Ma per due decenni quella della cosiddetta Csa, sigla che sta per “community supported agricolture”, è stata un”esperienza limitata a piccoli gruppi “alternativi”. Poi, però, sono arrivate l’emergenza ambientale che ha fatto riflettere molti sull’anidride carbonica dispersa nell’aria dai mezzi che trasportano arance e ciliegie anche per diecimila chilometri, e la crisi energetica, con i prezzi agricoli che sono cresciuti anche per l’aumento del costo dei fertilizzanti e dei combustibili.

Così le piccole avanguardie ecologiste sono diventate un esercito. Ed è caduta anche la pregiudiziale ideologica: per anni quello dell’agricoltura organica è stato considerato un movimento diffuso soprattutto nella sinistra radicale. In “Fascismo liberale” Jonah Goldberg, firma di punta della National Review, rivista ideologica della destra, era arrivato addirittura a individuare affinità tra i canoni rigidi del movimento per il cibo organico e il nazismo. Ma ora sono molti gli intellettuali della destra che vedono in questo nuovo legame tra città e campagna, nelle famiglie urbane che vanno a passare il week end in fattoria coi loro figli, un recupero dei valori della famiglia, della tradizione, delle comunità locali: tutti valori cari ai conservatori.

E una specie di “tempesta perfetta”: cultura, salute, ambiente, energia, spingono a rivalutare le produzioni locali e questo consente anche alle piccole fattorie, messe fuori mercato dall’agricoltura industriale, di ritrovare un “business model” redditizio. Molte famiglie sono, infatti, disposte a pagare di più per prodotti genuini e, soprattutto, versano la loro quota (da 300 a oo dollari per una stagione di forniture) in anticipo, mettendo il contadino al riparo dai rischi di un raccolto ridotto dalla siccità o dalla diffusione di qualche parassita.

E così che la Golden Barthworm Farm di North Fork a Long Island, che nel 2000 serviva dieci gruppi di cittadini, oggi ha ben 1300 famiglie associate, che assorbono tutta la sua produzione. E la più grossa delle 61 fattorie di questo tipo della regione di New York. Anche a Chicago c’è una megafattoria che serve 100 famiglie. La più grossa è a Capay Valley, in California: serve ben 4000 famiglie associate.

Certo, i gradi consumi di massa rimangono associati all’agricoltura industriale, ma quello della produzione e del consumo locale sta acquistando la dimensione di un vero mercato parallelo con oltre 2000 fattorie che negli Usa hanno già abbracciato il nuovo modo di produrre. E il fenomeno è in crescita esponenziale: chi vuole i prodotti di questi centri deve mettersi in lista d’attesa o fondarne di nuovi.

Può darsi che il fenomeno sia in parte il frutto dell’attuale clima di emergenza e di ripensamento in campo economico. Ma, secondo molti, si sta consolidando una vera rivoluzione culturale che spinge sempre più le famiglie a trasformare il giardino di casa in orto. E a dare consigli su come coltivano la settimana scorsa non era una rivista specializzata ma Newsweek, uno dei magazine più diffusi d’America. Altri segnali interessanti sono l’attenzione che, per la prima volta dopo molti anni, i giovani dimostrano per l’agricoltura anche nelle aree tecnologicamente più avanzate come la Silicon VaIley dove sta crescendo il movimento dei “future farmers”.

In Italia.Vigne e pecore adozioni ...
Contratti annuali e certificati... Adotta una vigna Succede in Italia da un paio d’anni. Si decide quale vino si vuole, si compera una porzione di vigna (con un regolare certificato di adozione) fra quelle disponibili poi si segue, passo dopo passo, la stagione: dalla maturazione dell’uva, alla vendemmia sino alla cantina. Infine la consegna (o il ritiro) del vino imbottigliato con un’etichetta personalizzata. Cinque le Regioni che hanno aderito all’iniziativa con vigneti Doc.

...o una pecora... L’iniziativa è partita (e rimasta) dalla Sardegna. L’affido della pecora è annuale e comprende dalla scelta del nome, a una tosatura, a otto forme di pecorino da 2,5 chili. Il tutto per 390 euro l’anno. Sennò per la stessa cifra si può diventare “fattori a distanza” e ricevere due volte l’anno dei panieri con del formaggio, al salame, ai maloreddu al miele, al carasau e tanti altri prodotti.

I nuovi Contadini... Sono i proprietari o i lavoratori di quelle aziende agricole che hanno deciso di vendere direttamente i propri prodotti senza passare attraverso i negozianti o i mercati. Un “popolo” che in soli tre anni in Italia è aumentato de 25 per cento e che ora è arrivato a quota 48 mila aziende. Il prodotto più direttamente venduto è il vino poi frutta e verdure e olio.


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