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Corriere Della Sera

“Controlli per scoprire chi bara Ma sul Brunello cambiamo le regole” ... La vendemmia è da record. Ma il vino come sarà? La domanda non è peregrina, in Italia, di questi tempi. Mentre si diffondono dati entusiasmanti sulla stagione del 2008, in America (dove il Bel Paese vanta una buona fetta di mercato) stanno sul chi vive. Gli importatori chiedono garanzie, certificazioni dettagliate. Del resto, lo scandalo del Brunello “taroccato” è dell’altro ieri, la sospensione del Nobile di Montepulciano è notizia fresca. Che sta succedendo? Negli Usa guardano con sospetto le nostre etichette di prestigio? Sentiamo Angelo Gaja, esponente di punta dei produttori piemontesi di vini di alta qualità: Barbaresco e Barolo, innanzitutto. Dal ’94, la famiglia Gaja (alla quarta generazione) possiede vigneti anche in Toscana dove produce il Brunello di Montalcino. E non solo.
“Non credo che i consumatori americani diffidino dei vini italiani - dice Gaja -. Certo, è cresciuta la sensibilità verso i controlli, ma la linea è identica per tutti i vini importati negli Usa. Il nuovo atteggiamento delle autorità americane sembra essere questo: se in un Paese produttore scoppia uno scandalo (al riguardo, vorrei ricordare che la scorsa primavera un settimanale uscì con un titolo di copertina, vergognoso, Velenitaly), urge conoscere i nomi delle cantine coinvolte, mentre, prudenzialmente, si fermano le importazioni”.
Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano sono toscani. C’è questa regione nel mirino?
“È del tutto casuale. Ma, attenzione: il mondo del vino deve crescere puntando, con rigore, sui controlli. E deve chiedere di allontanare dal mercato i sofisticatori colti in fallo. Questa è prevenzione efficace”.
Gli “scandali” di cui parliamo non toccano la sicurezza alimentare ma i Disciplinari di produzione. Qualcuno sostiene che è il momento di modificarli. Lei come la vede?
“La parola va data ai Consorzi, che rappresentano la comunità dei produttori. Prendiamo Montalcino. L’origine della questione, oggi sotto i riflettori, nasce dal fatto che dai 60 ettari di vigneto degli anni ’60 si è passati ai 2.000 attuali. Accusare di avidità e ingordigia i viticoltori per la crescita esponenziale dei vigneti è ingeneroso. La crescita ha fatto comodo al territorio, all’occupazione, al turismo del vino. Ma il forte allargamento della coltivazione del Sangiovese nei terreni meno vocati impone, a mio avviso, la modifica del Disciplinare del Brunello”.
Ipotizziamo: il Disciplinare cambia, ma i puristi continuano a vinificare con il 100 per 100 di uve Sangiovese. Che accadrebbe sul mercato? Brunello di serie A e B?
“Occorre essere creativi, riconoscendo a chi continua la tradizione di essere identificabili sul mercato, con forte visibilità rispetto agli altri. In sintesi: largo agli interpreti e alle interpretazioni, nella massima trasparenza”.
Per i grandi piemontesi come vanno le cose? Qualche sospetto dagli USA?
“Per il Barbaresco e il Barolo il mercato è in salute, salvo qualche rallentamento dovuto alle ragioni economiche. E l’arrivo sulla scena della generazione dei giovani viticultori, motivati e competenti, induce all’ottimismo. Nell’86, il Piemonte fu coinvolto in un grave scandalo. La regione è vaccinata”.
Capitolo contenitori: favorevole o no al bag in box?
“Le evoluzioni sono un dato di fatto. Senza pregiudizi, dico soltanto che un prodotto importante, certificato, difende la sua immagine anche rispettando la forma”.
A suo parere, nel mondo del vino, come si sta muovendo il ministro per le Politiche Agricole, Luca Zaia?
“Ha agito con tempestività e capacità quando scoppiò il caso Brunello. Inoltre, sottoscrivo in pieno una sua recente dichiarazione: “Il vino è un prodotto che non solo ha fatto grande l’ export nazionale, ma esso deve il suo successo alle aziende medio-piccole che caratterizzano il settore”. Nessuno dei suoi predecessori ebbe mai il coraggio di dire questa sacrosanta verità”.

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