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Corriere Della Sera

Andrea Benetton: “L’hobby di papà oggi è un business” ... Con 160 milioni di capi confezionati ogni anno e venduti in 120 Paesi del mondo attraverso una rete di 5.500 negozi, Benetton è il maggiore produttore di abbigliamento italiano. Non tutti sanno, però, che il gruppo di Ponzano Veneto è anche il primo produttore di latte in Italia e tra i leader in Europa, con circa 31 milioni di quote latte. In famiglia l’agricoltura è sempre stata affare di Carlo, fratello di Luciano (il creativo), Gilberto (l’uomo dei numeri) e Giuliana (la sarta).
Prima quasi un hobby, quando negli anni ‘80 ha iniziato a occuparsi di una piccola azienda. Poi un vero business, quando nel ‘91 il gruppo trevigiano ha comprato una proprietà agricola in Argentina grande quanto tutta l’Umbria (in Patagonia alleva pecore da lana; nella provincia di Buenos Aires, oltre a far crescere bovini, coltiva grano, soia e mais). Un business che è cresciuto anche in Italia quando, nel ‘98, Benetton ha rilevato, per circa 93 miliardi di vecchie lire, Maccarese dall’Iri, e nel 2005, per 25 milioni (inclusi i debiti), Cirio agricola dal crac di Cragnotti. Adesso che la seconda generazione si prepara a occupare la prima linea, e a guidare il gruppo di Ponzano è stato “scelto” Alessandro, figlio di Luciano, a raccogliere l’eredità e il timone nei campi è deputato il cugino Andrea, amministratore unico di Cirio agricola e consigliere di Maccarese, di cui è presidente il padre Carlo.
“L’agricoltura è una passione che mi ha trasferito mio padre fin da piccolo: è una persona innamorata dei processi produttivi, e non ce n’è uno più bello della natura”, racconta il giovane Benetton, 38 anni, perito tessile, laureato in sociologia a Urbino, con in tasca un Mba all’Università Bocconi, sposato, con due figlie e una terza in arrivo. E, però, sa bene quanto la natura, per rendere, richieda “importanti investimenti in tecnologia”, che “riduce i costi, aumenta la produttività e migliora la qualità” anche nei campi. Insiste: “La meccanica più avanzata e le attrezzature più efficienti razionalizzano l’uso di manodopera, difficile da trovare in Italia, dove scarseggiano giovani appassionati del settore”. Ma il vero problema è un altro. “Manca il Sistema Paese”, un male comune a tanti comparti produttivi, ma particolarmente grave in agricoltura, dove “ognuno va per la propria strada”, sostiene Benetton. Un esempio? “In passato, in occasione dell’istituzione delle quote latte, il Sistema Paese non è stato capace di chiedere più quote latte; è prevalsa la miopia collettiva nel dichiarare la metà della produzione reale, perché si temeva che fosse un modo per far emergere la vera quantità prodotta e poi tassare le aziende. Con il risultato che oggi produciamo la metà del nostro fabbisogno”.

Un altro esempio: “L’incapacità di difendere i nostri prodotti tipici come il grana o il prosciutto crudo all’estero. O, più di recente, l’attacco contro alcuni noti produttori di vino a ridosso del Vinitaly, un colpo durissimo per l’immagine di tutta l’Italia”. Invece l’agricoltura può avere un ruolo trainante e aiutare la competitività italiana, valuta Benetton. “L’Italia ha dimostrato che con le sue piccole e medie imprese arriva dovunque e riesce a competere anche con i big. L’agricoltura, con i prodotti tipici, può dare un contributo reale, ma deve puntare all’eccellenza, visto che non può competere in quantità con concorrenti che, in Europa, hanno estensioni 10-20 volte maggiori. Maccarese, storicamente, era la prima azienda agricola italiana, con seimila ettari di campagna. Ma, negli anni ‘60, la costruzione degli aeroporti ha rubato terreno ai campi e oggi si estende su circa 3.200 ettari. Nonostante questo è la terza tenuta del Paese per dimensioni, ma scompare davanti ai colossi internazionali.
Ecco perché gli imprenditori agricoli italiani devono investire in tecnologie avanzate e avere come obiettivo la qualità sia nei prodotti che nei processi”. L’innovazione, tra l’altro, offre una carta in più alle aziende agricole: oggi possono giocare un ruolo ambientale grazie alle bio-energie, che rappresentano inoltre una fonte di reddito addizionale. Al tema Benetton è particolarmente sensibile. E ha convinto la famiglia a investire in questo settore. “Maccarese ha un progetto già approvato nel biogas per un megawatt di potenza nominale, per un totale di 8 milioni di kilowatt all’anno. Noi useremo circa il 30% dell’energia e venderemo il resto alla rete elettrica. Alla Cirio abbiamo invece un progetto fotovoltaico per realizzare, su terreni incolti, un impianto da 6 megawatt, di cui venderemo il 60% alla rete. Speriamo di ottenere tutti i permessi entro marzo, mentre il biogas è già pronto a partire”.

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