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Corriere Della Sera

Fra le ville patrizie dove riso e vino sono affreschi ... A Verona distinguere un forèste, un forestiero, da un veronese de sòca, cioè di ceppo (quello che insomma ha radici nella città di Giulietta), è piuttosto facile. Il primo invita a prendere un caffè; il secondo è molto più propenso a nar a bér en goto colmo di bianco nettare di Soave o di rosso Valpolicella, naturalmente DOC. E se dopo un buon bicchiere di vino e molte ciacòle si è fatta ora di pranzo, allora dalla cucina dell’ostaria arrivano i piatti caldi, meglio se a base del prezioso chicco IGP della zona: il Vialone Nano Veronese. Per conoscere la cultura dei veronesi bisognerebbe iniziare dal vino e
dal riso, ingredienti fondamentali dell’agricoltura locale tanto che il patriziato veronese aveva fatto affrescare le pareti delle sue dimore più maestose con temi legati al lavoro nelle risaie. La settecentesca Villa Dionisi a Ca’ del Lago di Cerea ne è un esempio: riporta sul soffitto dello scalone la raffigurazione di una scena agreste, mentre al ristorante interno si può ancora gustare il Riso del Marchese Dionisi a base di pollo e fegatini. Ma la “monda” e le sconfinate risaie del Veneto occidentale sono i protagonisti anche degli affreschi di Villa Zambonina a Vigasio e di Villa Allegri-Pasetto a Trevenzuolo.

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