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Corriere Della Sera

Prosecco, la collina dei sogni. “Pronti ad attaccare lo Champagne” ... Cartizze, 106 ettari di prima classe. E da Trieste a Belluno arriva la Doc... Nobiltà del Prosecco. L’ultimo atto sta per compiersi ai piedi della collina di Cartizze, dove trovano posto le vigne più ambite di questo vitigno, e relative bollicine che sono prodotte, e che da qualche tempo fanno impazzire gli americani a tavola. Una questione di identità. Dopo mesi di riflessioni, entro luglio, diventerà operativo il decreto del Ministero dell’Agricoltura, e del suo mentore, il ministro Luca Zaia, che porterà tutela e dignità. Almeno così dovrebbe essere negli intendimenti. Da Trieste a Belluno, nove province, per diecimila ettari, diventeranno Doc, lasciando cadere così la “chioccia” Igt, causa di troppe polemiche. La piramide si consoliderà con la Docg, la denominazione di origine garantita, di Conegliano-Valdobbiadene e Montello Colli Isolani, altri cinquemila ettari di vigna, dove la qualità è d’obbligo per i produttori. In vetta, la collina di
Cartizze, con i suoi 106 ettari, eletti, soltanto lo 0,8 per cento di tutta l’area. Il fiore all’occhiello, per 140 vignaioli, proprietari tra i paesini di Santo Stefano e San Pietro, di parcelle davvero minuscole, dove un ettaro di vigna è valutato un milione di euro. “Qui nessuno vende da anni”, ricordano i vecchi, ma una ragione c’è, ed è quella che dal 1542 spinge e anima la famiglia di Gianluca Bisol, a produrre una delle etichette più ambite. Bollicine apprezzate, facili, di gusto, dove il terreno la fa da padrone assoluto, come sostiene il winemaker Roberto Cipresso, abile a fare grandi rossi, ma da qualche tempo stregato dalla magia delle colline trevigiane. “Un omaggio a questi terreni”, dice l’enologo, è possibile trovare composti alluvionali, ferrosi, crosta calcarea, superbamente assecondati da microclimi differenti. Con Desiderio Bisol e l’enologo Umberto Marchiori,
la prima svolta arriva dalla scelta di Cipresso, di creare appunto, quattro vini fermi, da uve Prosecco. “Abbiamo scelto quattro territori, quattro colline, ed esaltarne le diversità, dimostrando così, che oltre alle bollicine, c’è di più”. Prime bottiglie nel 2010.
Certo è che, proprio con la sua gentile effervescenza, di strada, il Prosecco ne ha fatta. Cinque milioni di pezzi prodotti quarantanni fa, contro i 160 milioni di bottiglie che escono dalle cantine oggi. Un bel salto, “e puntiamo al raddoppio entro il 2020”, dice Gianluca
Bisol. Un raddoppio che vorrebbe dire avvicinarsi a quanto esce dalle maison francesi della Champagne. Un’altra sfida. “Non certo come tipologia di produzione, ma come area - aggiunge Bisol -. Se lo Champagne è il re, noi potremmo essere considerati il piccolo principe”.
Franco Adami, produttore a Vidor, a Col Bertoldo, e presidente del Consorzio di tutela, fa la sua analisi: “Siamo all’ultimo chilometro, la rivoluzione del Prosecco è alla volata finale, quella dei vincitori. Un atto dovuto, che darà luogo a maggiori controlli in tema di qualità, e sarà garantista verso quel consumatore che prima, va detto, non era sufficientemente protetto”. Puntualizza il presidente: “II Prosecco, anche se è un vitigno, è un marchio di fatto.
Coltivabile nel mondo finché si vuole, ma autoctono, cioè nato qui e che risponde a una serie di regole, un appellativo che deve essere riservato a questa area, come lo è quello del Chianti e dello Champagne”. Affinchè non si ripeta il caso Tocai. Questo almeno dovrebbe essere scongiurato dato l’attaccamento e l’attenzione dal parte dei produttori verso la loro creatura. Le etichette non mancano. Oltre alla famiglia Bisol, lo stesso Adami, produce il cru “Vigneto giardino”, ottani’anni sulle spalle; Col Vettoraz e i suoi tre soci, Paolo De Sortoli, Loris Dell’Acqua e Francesco Miotto; l’azienda “Le Colture”; “Ruggeri”; Mino Franco, e Villa Sandi, della famiglia di Giancarlo Polegato, appena uscita sul mercato con il Brut, vigna “La Rivetta”, seimila bottiglie dalla vendemmia 2008, sulla collina di Cartizze, dove l’azienda di Crocetta del Montello, ha in animo di restaurare un vecchio casale che servirà da accoglienza per gli ospiti. Ma non è tutto. Il fermento non manca. Dalla creazione di sottozone comunali, con le Rive, alla scommessa del winemaker Roberto Cipresso, che nel “campo dei miracoli”, come lo ha battezzato, tenterà di vinificare una piccola parcella in rosso, con uve Refosco e Sirah, sulla collina di Cartizze, tra l’altro candidata, insieme a tutta l’area, a diventare patrimonio dell’Unesco.

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