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Corriere Della Sera

Milano e la stretta sull’alcol, ora è la città “da non bere” ... Lo slogan degli anni Ottanta e la campagna contro gli abusi: il nuovo trend della metropoli... Gli ingredienti ci sarebbero tutti. La moda, che ai tempi aveva ispirato pure il cinema con i fratelli Vanzina. Una certa voglia di “movida”, giusto per la speranza d’aver messo il peggio della crisi alle spalle. Il gusto della musica dal vivo, perché ci deve pur essere una colonna sonora per il divertimento. Ma non suona male l’idea d’un remake degli anni Ottanta in una “Milano da non bere”? Perché sembra essere proprio questo celebre slogan alla rovescia il trend emergente d’una metropoli che continua a sognare una vita meno paludata nel lavoro e con qualche maggiore propensione all’effimero d’antan. No brindisi? No remake. Giusto per andare, sempre con un libero slogan in tema, alla sintesi. È un po’ questo il succo (analcolico) della Milano che stasera si accinge a ospitare in piazza del Duomo una kermesse appunto in puro stile anni Ottanta, proprio nel momento in cui si apre una specie di processo istituzionale all’happy hour, qui storicamente decollata e qui sul punto di essere fatta drasticamente atterrare. In attesa, prende banco la polemica. Processare l’happy hour e minacciare di renderla meno happy è funzionale all’idea di una città che desidererebbe accendere un po’ più le luci magari alzando pure un calice? I dubbi non mancano. D’altra parte le esternazioni del nobiluomo Giampaolo Landi di Chiavenna, assessore comunale alla salute, fra l’altro ispiratore dei divieti anti-alcol firmati recentemente dal sindaco Moratti sono molto chiare. Per lui quelle congreghe che già verso le 19 prendono d’assalto i bar, soprattutto in centro dividendosi abbastanza equamente fra tramezzini e bicchieri che si moltiplicano, non fanno una buona cosa. Contrasta con le legittime preoccupazioni e la campagna anti-alcol per i minorenni. In più, quelle carrettate di mini-tartine più o meno salate, ma comunque tutte con ingredienti che reclamano notevoli quantità di liquidi, sono soltanto un manifesto, seppure implicito, a favore di vino, birra e associati. Di fronte ai commercianti imbufaliti prima per le restrizioni poi per le esternazioni, Landi di Chiavenna ha controproposto un happy hour analcolica, quindi più salutista. Questa ipotesi della “Milano da non bere” si palesa paradossalmente proprio nel momento in cui Milano cerca in qualche modo di guardare a certi suoi modelli passati, almeno nella forma, un po’ più allegri. Stasera infatti, proprio come negli spensierati anni Ottanta con le passerelle all’aperto di Nicola Trussardi, il Duomo ospita la sfilata di C’N’C, sorellina di Costume National, lo show dell’etoile Eleonora Abbagnato con musica dei Pink Floyd e gruppi in azione live. Il tutto con la benedizione laica dell’assessore Giovanni Terzi, collega anche di partito (Pdl) del severo ma non astemio Landi di Chiavenna, che comunque ha fatto di tutto per garantire di essere “lontano mille chilometri dall’idea di una crociata contro l’happy hour”. Non che il turbamento del mancato remake anni Ottanta debba per forza scoraggiare. In effetti quel periodo fu per Milano e il Paese in genere, allegro soltanto in superficie, con la moda in espansione, gli indici di Borsa in salita vorticosa, lo shopping sempre più internazionale. Ma fu anche il periodo in cui veleni e virus disgreganti minarono in modo irreversibile società e politica. A pensarci verrebbe da berci su. Senza però brindare.

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