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Corriere Della Sera

“Un agricoltore su tre è a rischio. Ora un patto con i commercianti” ... Politi (Cia): il crollo dei prezzi potrebbe far chiudere 250 mila aziende... “È inutile farci la guerra scaricandoci addosso le responsabilità. Non serve a niente. Piuttosto collaboriamo”: Giuseppe Politi, presidente della Cia, la Confederazione italiana degli agricoltori che vanta 900 mila iscritti, lancia una nuova proposta per fronteggiare la crisi. E cioè “una grande alleanza fra produttori e commercianti per semplificare e razionalizzare la filiera che dai campi arriva all’acquirente finale, per ridurre i prezzi al dettaglio e rilanciare i consumi”. Oggi e domani a Lecce si tiene la Conferenza economica della Cia intitolata “Agricoltura: le nuove sfide. Federalismo, Europa e Mercato”. “La situazione del settore è drammatica. Non c’è tempo da perdere”, dice Politi. La crisi non è dunque alle spalle? “Magari. Un’impresa agricola su tre è a rischio. Nei prossimi tre o quattro anni 250 mila aziende rischiano la chiusura. E se consideriamo che negli ultimi dieci anni hanno già cessato l’attività circa 500 mila imprese, il quadro è davvero allarmante”. Nell’agricoltura la situazione è peggiore rispetto agli altri settori? “Per gli altri settori non posso parlare. Noi siamo alla vera emergenza. Siamo a un punto di non ritorno”. Cioè? “Alcune colture importanti rischiano di essere drasticamente ridimensionate”. Quali? “Prima di tutto il grano duro. Ma anche l’uva. E il rischio è di ripercussioni pesantissime su prodotti tipici del made in Italy, dalla pasta al vino”. Che cosa non funziona? “Il problema è che i prezzi all’origine sono crollati vertiginosamente. Per il grano duro siamo arrivati a 12-13 euro al quintale, addirittura più bassi di venti anni fa, quando le quotazioni erano di 50.000 lire (25,82 euro). La resa a ettaro è inferiore alle spese, che anche solo rispetto al 2008 sono cresciute del 25 per cento. Temiamo che molte imprese già da quest’anno rinuncino alla semina”. E quindi che cosa accadrà? “Già adesso i mercati sono invasi dalle produzioni straniere, alcune di qualità, come quelle degli Usa. Altre meno pregiate dall’Est europeo. E lo stesso problema c’è per l’uva. È chiaro che in questa situazione produzioni tipiche della tradizione italiana, come la pasta e il vino, rischiano se non di sparire, comunque di perdere quote di mercato”. Intanto per i prezzi al consumo della pasta e dei derivati del grano duro aumentano con rincari superiori all’inflazione e almeno apparentemente ingiustificati... “Sì, questo è l’effetto più paradossale, anche perché i rincari scoraggiano ulteriormente i consumi”. Ma se all’origine i prezzi sono ai minimi da vent’anni, dove si impennano i costi? “Sicuramente ci sono anche fenomeni speculativi, ma credo che gran parte dei rincari sia legata a inefficienze della filiera produttiva e a costi industriali e logistici troppo alti”. Che cosa suggerisce la Cia? “Noi crediamo che da un lato serva da parte del governo l’introduzione di una serie di misure per incentivare e favorire la sempliflcazione della filiera produttiva. Ma non basta. Anche noi operatori del settore dobbiamo fare la nostra parte. Per questo vogliamo un grande patto fra produttori e commercianti”. Concretamente? “Con la Confesercenti abbiamo già fatto un accordo per la trasparenza dei prezzi e per cercare di ridurre le spese inutili lungo la filiera. Adesso abbiamo avviato anche i primi contatti con la Confcommercio. Stiamo lavorando. La direzione è quella giusta”. Alla Conferenza economica di Lecce ci sarà anche il ministro per l’Agricoltura, Luca Zaia. Che cosa chiederete? “Noi diciamo basta agli annunci. E chiediamo interventi concreti. A cominciare da misure che grazie alla leva fiscale alleggeriscano i pesanti costi sostenuti dalle imprese”.

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