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Corriere Della Sera

Missione di Zaia negli Usa: “Basta con il falso made in Italy” ... Il ministro dell’Agricoltura si appella al Wto... Metaforicamente avvolto nel tricolore alimentare, il ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, uno degli esponenti di punta della Lega, sbarca a New York e invita con veemenza gli americani a mangiare italiano e a verificare che quelli che trovano in tavola siano veramente prodotti del made in Italy. Vestito nero, cravatta nera, un centimetro di fazzoletto verde che spunta dal taschino, il ministro usa toni accesi parlando di contraffazioni alimentari: “Chi mangia sano mangia italiano, ma bisogna stare attenti a queste schifezze”, dice mostrando al pubblico due cesti di prodotti (salumi, formaggi, mozzarelle) acquistati in un vicino supermercato che, a dispetto dei nomi e delle bandiere italiane stampate sulle confezioni, sono made in Usa o prodotti argentini o addirittura venezuelani. “Il titolo del vostro articolo” dice rivolto ai giornalisti americani venuti ad ascoltarlo, “deve essere: Il parmesan non è parmigiano reggiano ”. “Hopefully”, aggiunge, nella traduzione, l’interprete, tentando di far apparire meno perentorio l’invito di Zaia. Al di là dei toni non proprio anglosassoni e di una difesa del made in Italy fin troppo perentoria (in qualche caso gli imitatori sono immigrati o figli di immigrati italiani che producono negli Usa cercando di seguire le ricerte della loro terra d’origine), quella di Zaia in America è stata una missione molto più pragmatica ed efficace del solito viaggio del politico italiano negli Usa. Ministri, assessori, governatori di regioni, in genere tendono a rivolgersi solo alla stampa del nostro Paese e spesso costringono i rari ospiti americani a sorbirsi lunghissimi discorsi in italo-politichese. Zaia è stato a Washington dove ha chiuso, con l’authority alimentare Usa, l’imbarazzante questione del Brunello di Montalcino “modificato” e ieri sera è stato ricevuto dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon con il quale ha parlato di sicurezza alimentare a livello mondiale. Ma i due giorni a New York li ha dedicati, in conferenze stampa e dibattiti, soprattutto alla difesa puntigliosa del made in Italy. Almeno a tavola, evidentemente, l’unità d’Italia rimane un valore. E il ministro leghista, per sostenere le sue tesi, si appoggia pragmaticamente a un organismo - quel tempio del libero commercio mondiale che è il Wto - che alla sua parte politica non è mai troppo piaciuto. Ma nella battaglia contro il cosiddetto “Italian sounding” (ciò che suona italiano ma non lo è), Zaia usa proprio le norme commerciali - le “tavole della legge” della globalizzazione - come ariete contro il muro delle imitazioni: “L’Italia - dice - ha 4500 prodotti tipici, 500 denominazioni di vini, centinaia di marchi di tutela dell’origine. Eppure siamo i più imitati al mondo: su dieci prodotti alimentari dichiarati made in Italy, solo uno viene davvero dal nostro Paese. È un danno all’economia italiana di 200 miliardi e una minaccia alla vostra sicurezza alimentare. Questa è una situazione che deve cambiare. Gli accordi di Doha del 2001, firmati da 153 Paesi, tutelano anche le denominazioni alimentari. Siamo decisi a farli rispettare. Ci faremo sentire a Ginevra, al tavolo del Wto. Qui negli Usa punteremo su azioni educative, anche attraverso gli chef e i ristoranti italiani, ma, se necessario, ricorreremo anche alle vie legali”.

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