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Corriere Della Sera

Un milione di nuovi posti. Il made in Italy è “verde” ... Convegno bipartisan: ecco le aziende che crescono... La collaborazione fra le Fondazioni Symbola e Farefuturo... Si dice “green economy”. Ma in Italia non si legge soltanto come economia del risparmio energetico e di ricerca di fonti rinnovabili. Parola di Ermete Realacci. Ovvero parola del presidente di Symbola, una fondazione che riunisce quasi duecento soggetti nel settore e che ha da poco stretto la mano a Farefuturo per implementare questa economia verde, volano del nostro futuro. Argano per venir fuori da questa maledetta crisi. Non solo parole. Fatti. E martedì 17 novembre per la prima volta le due fondazioni si metteranno attorno ad un tavolo: partono da parti politiche opposte, la democratica Symbola e la finiana Farefuturo. Ma hanno un obiettivo comune: far capire che l’Italia tutto è tranne che il fanalino di coda in questo settore che è partito dagli Stati Uniti ma quando ha varcato le Alpi ha puntato molto (se non tutto) sulla qualità. Gli italiani, in parte, lo hanno già capito. Almeno a giudicare dalle cifre dell’Ipsos: al 63% dei nostri cittadini la green economy piace, per il 59% è un ambito in cui investire. Del resto le stime elaborate da Symbola fanno decisamente ben sperare: si calcola, infatti, che nei prossimi cinque anni grazie all’economia verde si possono prevedere oltre un milione di occupati, tra nuovi posti di lavoro (nel settore delle rinnovabili e del risparmio energetico), rilancio di settori in crisi, salvataggio di quelli in pericolo. Garantisce Realacci: “Questa collaborazione che abbiamo messo in piedi con Farefuturo sarà operativa e concreta. Servirà a scoprire nuovi talenti all’interno della nostra economia. E vuole trovare nell’Italia che c’è le radici del futuro”... ...“La green Italy a differenza da quella che c’è nel resto del mondo è diversa, perché si incrocia con la fantasia”, dice ancora Realacci, portando ad esempio la storia del metanolo. Ricordate? Lo scandalo del vino al metanolo nel 1986, mise in ginocchio la produzione italiana. “E noi come ne siamo venuti fuori? Puntando sulla qualità e non sulla quantità”, dice Realacci, calcolando che oggi la produzione del vino in Italia è circa il 40% inferiore rispetto ad allora, ma il valore dell’export si è moltiplicato per cinque...

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