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Corriere Della Sera

Gli Stati generali del vino italiano. “Mai più divisi” ... Vignaioli e istituzioni, primo summit... Il forum per discutere strategie comuni... Bruno Ceretto, vignaiolo in Langa, parte all’attacco, polemizzando: “È mai possIbile che tutti abbiano scoperto la voglia matta di produrre vino? Dal calciatore famoso al notaio di via Montenapoleone, arrivano in Piemonte e pretendono di fare il Barolo, piantando le viti dove ci sono sempre stati i pioppi. Cominciamo da qui: la cultura del vino non s’improvvisa, i territori vanno rispettati. Lo sapevano bene i nostri vecchi, non dobbiamo tradire i loro insegnamenti”. È solo un assaggio di quello che Ceretto, signore di Alba, ha in mente di dire domani al “Boroli wine Forum”, una sorta di stati generali del vino, convocati nell’omonima azienda. Giovane (“1997, quasi gli ultimi arrivati”, dice Achille Boroli), eppure già alle vette della qualità. Senza compromessi. Vale per il Barolo della cantina “La Brunella” di Castiglione Falletto; vale per gli altri classici piemontesi della Cascina Dompè, sulla collina Madonna di Como. Achille Boroli (nipote del fondatori della casa editrice De Agostini), d’accordo con altri viticultori, ha deciso, dunque, di chiamare a raccolta i colleghi di tutta Italia, le istituzioni, gli amministratori, i media, in un confronto aperto sul vino, che metta a fuoco le strategie competitive per il futuro. Il Forum (presso “La Brunella”) s’intitola “Vino come motore di sviluppo”. Agricolo, enogastronomico, turistico. Dati i tempi, bisognerebbe aggiungere un punto interrogativo. La crisi internazionale, infatti, ha colpito duro, dopo l’irresistibile ascesa - e qui parliamo del vino italiano - nelle stagioni appena passate. Nel nostro Paese, la produzione si è moltiplicata, si sono moltiplicate le aziende vinicole (tante e mediamente piccole); ma adesso, passata l’euforia, il momento è delicato. E produrre tanto (troppo) non paga. “Non è più possibile agire in ordine sparso - osserva Boroli -. I produttori di qualità debbono presentarsi uniti sui mercati esteri”. “Prendendo lezioni dalla Francia”, incalza Bruno Ceretto, nel ricordare i suoi esordì (anni Cinquanta), quando cominciò a viaggiare per il mondo con il fratello Marcello. Puntualizza: “Il segreto dei francesi? Una gerarchia perfetta, classificazione in denominazioni e aziende fatte in modo piramidale dove tutti riconoscono la maggior vocazione di un territorio rispetto a un altro e dove il prezzo non è che la conseguenza di questa scala di valori”. Al Forum Boroli moderato da Oscar Giannino sono invitati il ministro Luca Zaia (Politiche Agricole), il viceministro Giuseppe Vegas (Economia), Roberto Cota, capogruppo della Lega Nord. Nel dibattito, oltre al produttore Ceretto e al giornalista Cesare Pillon, interverrà Costantino Charrère, presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi). ll nostro scopo principale - spiega - è di portare allo Stato la visione della realtà imprenditoriale di settore, con l’obiettivo di incidere, a ragion veduta, sulle politiche di governo”. Oggi, l’allarme - secondo Charrère - riguarda le norme europee che “tutelano soprattutto il processo di trasformazione del prodotto e non l’origine della materia prima. Risultato? L’indebolimento del Made in Italy”. “Il vino - aggiunge -, voce forte dell’economia rurale italiana, rischia, con il passaggio nella nuova Dop europea, di perdere parte della propria naturale capacità di attrarre il consumatore”.

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