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Corriere Della Sera

Carlo V, la locanda e il mare di bottiglie ... A Trento per il menù di bollicine... La storia della villa che ospitò anche l’imperatore... Quando cedette Villa Margon alla famiglia Lunelli il barone Teofilo Alessandro Salvadori espresse più o meno il concetto di Pier Capponi di fronte all’esercito di Carlo VIII. Ma invece di trombe e campane, di archibugi e balestre, parlò, naturalmente, solo di vino. “Se loro hanno Château Margaux noi avremo Château Margon”. Questa è la valle dell’Adige: ho la montagna davanti, ma non la raggiungo, salgo attraverso i vigneti dove nascono le nobili bollicine del Ferrari e mi fermo su questa collina che è il punto centrale di quello che qua chiamano “percorso del bello e del buono”. Un pranzo tra i vigneti, grande tavola e grande vino. Sembrerebbe Francia, invece è Italia. Questa è una scorribanda patriottica. I portici, i fiori, gli alberi. Storia, arte, cucina e i filari delle vigne dove nasce questo grande vino italiano, metodo classico, Trentodoc. Villa Margon, da cui è nata la Locanda Margon, era una “fissa” di Gino Lunelli, una passione trasmessa ai nipoti, specialmente a Camilla e Matteo, i due cugini che “incontrano”. Perché questa è una storia di creatività umana, prima che imprenditoriale. Trento, con le sue pietre, la sua tradizione, i suoi (ottimi) ristoranti, le sue strade, le sue piazze, è alle spalle. Ma resta con strani rimandi in questo viaggio in mezzo a vigneti e cantine, dove le bottiglie hanno la loro rilevanza. Il castello del Buonconsiglio (insieme con il Castel Thun in Val di Non) ospita fino a 7 novembre una mostra dedicata a “L’avventura del vetro” che segue la scia di questo indispensabile (per le nostre vite) materiale dal Rinascimento a oggi. E nelle cantine Ferrari riposano, in attesa di una maturità che gusteremo fino in fondo, 20 milioni di bottiglie, tra cui brilla il “Giulio Ferrari”. Bottiglie che, tra l’altro, sono state reinterpretate da alcune firme dell’arte moderna come Ugo Nespolo, Mimmo Rotella, Alighiero Boetti, Marco Lodola. Una collezione ispirata da un piatto che Andy Warhol aveva dedicato espressamente al Ferrari e conservato, giustamente, in cantina. E poi sculture di Arnaldo Pomodoro, Umberto Mastroianni. Arte nell’arte, perché Trento, laggiù in basso nasconde altri tesori, chiese, castelli, palazzi cinquecenteschi. E del cinquecento è anche la Villa Margon abituata fin da allora all’ospitalità di alto livello. Durante il Concilio di Trento accolse l’imperatore Carlo V al quale sono dedicati alcuni affreschi. Il padrone dei fornelli (dall’aprile del 2010) della Locanda è il trentino Alfio Ghezzi che è tornato a casa dopo l’esperienza raggiunta con Gualtiero Marchesi e Andrea Berton. Ghezzi propone il Salotto Gourmet, con cucina d’autore alla carta, e alcuni menù degustazione tra cui si segnala la “Suggestione bollicine”. E io, lo confesso, sono suggestionato, soprattutto dallo scamone marinato (Trentingrana, zuppa di rucola, olio al limone), dai gamberi rossi e mutabbal (melanzane affumicate, salsa ai limoni naturali e crema di sesamo), dal risotto e bollicine (mantecato con verde del Montegalda e Ferrari Perlé Rosé), dall’agnello da latte (arrostito, fave e crema di patate al pecorino). Accanto al Salotto c’è la Veranda, cucina più semplice e veloce, ma non meno intensa. E la suggestione diventa emozione.

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